Una delle maggiori novità portate da Matteo Renzi all’interno del PD è senza dubbio il nuovo rapporto tra la sinistra ed il suo sindacato storico di riferimento: la CGIL. Nelle sue uscite pubbliche, il sindaco di Firenze ha sottolineato più volte che i partiti politici ed i sindacati hanno ruoli e obiettivi diversi, ed ha fatto intendere che così come il PD si rinnoverà decisamente, sarà compito del sindacato fare la stessa cosa. Non ha parlato di attuazione dell’art. 39 della Costituzione, ma quasi, perché un’eventuale legge in materia di rappresentanza sindacale non potrebbe prescindere dal dettato costituzionale.
E’ in questo contesto che matura l’incontro con il segretario della FIOM Maurizio Landini, sempre molto critico nei confronti dell’ormai Segretario, ma anche molto curioso, per il nuovo corso che l’idea di leadership sta prendendo a sinistra. Ed in effetti avvisaglie di un avvicinamento tra i due c’erano anche prima delle primarie, anche grazie ai contrasti tra Landini e la Camusso, spesso protagonista di attacchi frontali nei confronti del Sindaco, su tutti quell’intervista ad “in mezz’ora” proprio durante lo svolgimento delle primarie che videro prevalere Pierluigi Bersani. Invasioni di campo ampiamente previste nei confronti di chi ha posto al centro del proprio programma politico anche la rottamazione del collateralismo PCI-PDS-DS-PD/CGIL.
Il dato di fatto è che negli ultimi vent’anni,, non solo la disoccupazione è cresciuta a dismisura (certo in massima parte a causa della congiuntura economica), ma i modelli contrattuali della nostra legislazione sono entrati in crisi, perché espressione di un modello di mercato del lavoro molto rigido e tendenzialmente protezionista. Stando così le cose il sindacato ha rivolto tutte le sue forze a tutelare i già tutelati, disinteressandosi di chi invece iniziava a far fatica ad entrare nel mercato del lavoro, o magari riusciva ad entrarvi ma senza ottenere uno straccio di tutela o diritto. Per non parlare di rappresentanza (sia politica che sindacale).
E infatti andando a guardare i numeri forniti dagli stessi sindacati si evince chiaramente che tipo di lavoratori è spinto a tesserarsi. La CGIL conta di 5.712.000 di tesserati, la CISL 4.442.000 mentre la UIL ne ha 2.196.000. In un paese che conta 60 milioni di abitanti, averne più di un sesto iscritto ad un sindacato non è poco. Però il dato che salta subito agli occhi è quello riguardante la percentuale di pensionati rispetto al totale, nella CGIL la percentuale è del 52%, nella UIL il 30% e nella CISL il 46%. E’ fisiologico dunque, che i sindacati cerchino di difendere rendite di posizione, scaricando i costi della contrattazione collettiva sui precari e su chi non è sindacalizzato.
E’ fisiologico ma non più sostenibile, ed è proprio questa la battaglia che sta conducendo Maurizio Landini. Se il sindacato non cambia verso, sarà condannato all’irrilevanza, oltre ad essere visto come una forza conservativa e poco attenta alle fasce deboli della nostra società. Cose che per la verità stanno già accadendo. Ora che al Nazareno c’è Renzi, e non un segretario “amico” (ed anzi spesso in sudditanza psicologica), la CGIL avrà più difficoltà a trovare sponde per la sua politica improntata al tener tutto così com’è. E forse ci si accorgerà che c’è spazio per una nuova classe dirigente e per una nuova forma di rappresentanza anche all’interno del sindacato.
Altrimenti semplicemente i lavoratori andranno a rivolgersi altrove.