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Chi è il Presidente della Repubblica francese? Cosa rappresenta la funzione immaginata da Charles de Gaulle nel 1958? Ma soprattutto, chi diventerà Emmanuel Macron, da ieri sera il più giovane Capo di Stato francese dalla creazione della funzione, nel 1848?
“Nel processo democratico e nel suo funzionamento c’è un assente. Nella politica francese assente è la figura del re, che credo il popolo francese non abbia voluto vedere morto. Il Terrore ha scavato un vuoto emozionale, immaginario, collettivo: il re non è più lì! Abbiamo cercato di riempire questo vuoto mettendoci altre figure ma ci siamo riusciti davvero solo nel periodo napoleonico e in quello gollista; a parte questi due periodi, la democrazia francese non è riuscita a riempire. La dimostrazione è la continua messa in discussione della figura presidenziale, costante da quando il generale de Gaulle è morto. Dopo il generale, la normalizzazione della figura presidenziale ha inserito una poltrona vuota nel cuore della vita politica: pretendiamo che il presidente della Repubblica occupi questa funzione ma chi è eletto non riesce più a farlo. Tutto è fondato su questo malinteso.”
Come fare, dunque, a re-incoronare il monarca repubblicano? La lunga cavalcata è necessaria, la storia fuori dal comune imprescindibile. I tanti traguardi della vita di Emmanuel Macron sembrano quasi preparati in anticipo: il percorso straordinario all’ENA, la fucina dei funzionari pubblici francesi; l’ingresso all’ispettorato delle finanze, uno dei migliori dipartimenti della funzione pubblica; la nomina nella Commissione Attali, con i suoi potentissimi 42 membri scelti nel 2007 per riformare lo Stato francese; la brillante carriera alla banca Rotschild, con un accordo di 8 miliardi di dollari gestito da protagonista; l’arrivo all’Eliseo, da segretario generale del Presidente; l’investitura da ministro dell’Economia come figura di punta della nuova politica liberale del quinquennat di Hollande; infine l’abbandono del governo, la campagna elettorale più facile del previsto grazie agli errori infiniti degli avversari (colti e sfruttati appieno); la vittoria al primo turno, la vittoria delle elezioni.
Tutto straordinario, bello da raccontare, ma non sufficiente. Per fare il re c’è bisogno di un’immagine potente, che resti, come Napoleone che s’incorona il 2 dicembre del 1804, immortalato da Jacques-Louis David.
In assenza di corone il mezzo può essere un grande discorso, come per Abramo Lincoln fu il discorso di Gettysburg. Ma Macron non è uno straordinario oratore. E allora serve un simbolo, un contorno capace di sostenere e far risaltare il momento storico oltre l’uomo che lo rappresenta. Ecco il perché di una camminata di tre minuti carica di evocazioni. Un’immagine che spiega da sola qual è il programma politico di Macron per i prossimi cinque anni, un programma che non c’entra nulla con le fredde liste di cose da fare, ma è più ambizioso. L’ambizione di Emmanuel Macron non è governare, è presiedere, è rendere di nuovo la carica per cui è stato eletto sacra, al di sopra delle parti, potente e intoccabile.
Il simbolo è quindi la marche: la musica di Beethoven in sottofondo, simbolo dell’Europa e della rinascita dopo la guerra; la Pyramide e il museo con le sue migliaia di opere d’arte, dal rinascimento italiano all’antichità romana, dall’Egitto alla Grecia con la Nike di Samotracia, la vittoria, simbolo dell’audacia e della fortuna che il giovane presidente ha preso per le corna quando ogni ragione sembrava sconsigliare una scommessa impossibile da vincere; il palazzo del Louvre, la residenza dei re che abbraccia la piazza venuta a festeggiare il nuovo Capo di Stato, simbolo di una carica unica al mondo per l’investitura diretta e universale dal popolo. Infine l’uomo, da solo, visibilmente emozionato e austero nel lungo cappotto scuro à la Kennedy che incontra il popolo che l’ha incoronato.
I tre minuti che separano Macron dagli archi del Louvre al palco servono a questo, a rilanciare l’ambizione della Francia in Europa e nel mondo. Un mondo che, dopo lo sbandierato ritiro nei propri confini degli Stati Uniti di Trump, ha bisogno di una nuova guida, necessita di esempi e di scelte politiche coraggiose. È quasi un secolo che la Francia sogna di poter tornare ad essere esempio per tutti, e quei tre minuti simboleggiano l’incrocio del destino personale di un uomo con quello della sua patria.
È megalomania e vanagloria oppure senso e coscienza della storia? La domanda è legittima, anche perché caricando così tanto la sua figura, a tratti al limite del narcisismo, il racconto di Macron rischia di andare in pezzi al primo scontro con la realtà, ad esempio quando i sindacati di sinistra andranno in piazza a protestare contro la sua riforma del mercato del lavoro. Ho deciso di raccontarvi questa marche così carica di simboli perché è stato un momento molto evocativo ma, come ci ha abituato il nuovo presidente, una tale mise en scène è l’ennesima grande scommessa.
E se tra un anno scoprissimo che Emmanuel Macron, così giovane e inesperto, non è quell’uomo politico salvifico che stamattina tutti i giornali internazionali celebrano?
2-Chi ha votato e come
Venerdì avevo sottolineato come una delle domande più interessanti che rivolgono i sondaggisti agli elettori è “come ve la passate con il vostro stipendio alla fine del mese”, perché contiene sia l’indicatore oggettivo del reddito che la percezione soggettiva della propria condizione. La spaccatura tra i due elettorati è evidente e rende l’idea, qualora ce ne fosse ancora bisogno, di quanto sono distanti i francesi che votano per Macron dai francesi che scelgono Marine Le Pen.
Un altro indicatore molto interessante e peculiare a questa strana elezione è l’alto numero di schede bianche che, come vedete dal prossimo grafico, raggiunge una percentuale e un numero assoluto da record: 4.066.802 di francesi hanno inserito una scheda bianca, pari al 11,49 per cento dell’elettorato.
Il grafico è del Parisien
Questi numeri sono sintomo di un popolo che, al di là delle evocazioni ricordate prima, è tutt’altro che rapito dalla retorica di Emmanuel Macron. E infatti il 51 per cento di chi ha scelto scheda bianca l’ha fatto perché rigetta entrambi i candidati, mettendoli implicitamente sullo stesso piano (e questo è un grande problema per Macron); e il 39 per cento non rigetta i candidati ma pensa, laicamente, che nessuno dei due rappresenta delle idee “votabili”. Se poi guardate la motivazione per gli elettorati dei candidati eliminati al primo turno vi rendete conto che in questa scelta ha pesato molto la posizione “né l’uno né l’altro” di Jean-Luc Mélenchon.
I problemi per Macron però non sono finiti: come sapete tra un mese esatto si vota per le elezioni legislative che eleggeranno la futura Assemblea Nazionale, la camera che dà la fiducia al governo. Solo il 39 per cento degli elettori desidera che il nuovo presidente riesca ad ottenere una maggioranza assoluta per governare, segno che l’elezione del Parlamento sarà tutt’altro che una passeggiata per Macron.
D’altronde, che questa fosse un’elezione per difetto appariva chiaro anche alla vigilia: la maggioranza degli elettori degli altri candidati ha scelto Macron solo in opposizione alla sua avversaria, e alle legislative difficilmente voterà per un candidato con l’etichetta En Marche!. Di sicuro però, Macron può essere felice del 43 per cento degli elettori di François Fillon che l’ha scelto per una delle tre qualità indicate dal sondaggio che leggete di seguito: il rinnovamento politico, il suo programma e la sua personalità.
Gli ultimi tre sondaggi sono realizzati sempre da Ispsos ma li trovate in un altro archivio
È necessario guardare agli elettori di Fillon perché è a quell’area politica che in questo momento il nuovo presidente deve rivolgersi, dato per assodato che gran parte degli elettori tradizionali del Partito socialista e del centrismo vota per lui. Se dovesse nominare un primo ministro gradito al centro destra moderato, potrebbe esercitare una pressione notevole sia sugli elettori naturali dei repubblicani sia sui dirigenti che si sono detti disponibili a lavorare insieme al nuovo presidente in caso non riuscisse ad avere la maggioranza. Di questo parleremo meglio domenica prossima ma è uno scenario che bisogna iniziare a tener presente.
Il personaggio della settimana
Richard Ferrand è stato uno dei primi deputati del Partito socialista ad appoggiare il movimento e la candidatura di Emmanuel Macron. È il segretario di En Marche!, cioè il personaggio che ha tenuto le redini del movimento in tutti questi mesi. La vittoria di ieri è dovuta senza dubbio anche a uomini come lui che hanno ben consigliato Macron, e hanno lavorato, soprattutto all’inizio, con l’ostilità del proprio partito di appartenenza.
Bonus!
A proposito di camminate tra monumenti con l’inno alla gioia di sottofondo, guardate qui, dal minuto 4.30 (e grazie a Marc per la segnalazione del video).
Consigli di lettura
-Per una lettura più tecnica del voto di ieri vi consiglio l’analisi di Matteo Cavallaro su Agi;
-Una troupe ha seguito tutta la campagna elettorale di Emmanuel Macron potendo filmare il dietro le quinte della cavalcata presidenziale. Il documentario completo è stato trasmesso su TF1, qui un racconto dell’idea su Slate;
–Secondo Gilles Kepel, esperto di jihadismo, il progetto dello Stato Islamico e dei gruppi terroristici è aiutare l’ascesa di partiti come il Front National per favorire un clima da guerra civile. Grazie a Lorenzo per la segnalazione!
In ogni caso Qui trovate il calendario della prossime settimane, per farvi un’idea di cosa ci aspetta.
Per oggi è tutto, a domenica prossima!
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Domani i socialisti votano per il ballottaggio e come sapete si affrontano Manuel Valls e Benoît Hamon. Ma la notizia della settimana è lo scandalo che ha colpito Fillon e sua moglie, affaire che ha totalmente oscurato la competizione interna del partito socialista.
1-C’è un Fillongate?
Come avrete sentito al telegiornale o avrete letto sui giornali italiani Fillon è alle prese con un problema piuttosto serio che coinvolge sua moglie. Secondo il Canard Enchainé, famoso giornale satirico francese, Penelope Fillon avrebbe percepito quasi 500.000 euro in quanto collaboratrice parlamentare del marito. Il fatto in sé non è uno scandalo: ogni deputato francese riceve 9561 euro al mese con cui può decidere di assumere fino a 5 assistenti parlamentari. Spesso il parlamentare decide di assumere un parente, che sia la moglie o il figlio; anche qui, nulla di male, ci sono moltissimi assistenti parlamentari scelti tra i familiari che lavorano e sono molto apprezzati dall’Assemblea e dai cronisti parlamentari. Mediapart ha condotto una lunga inchiesta sul tema nel 2014, individuando, tra gli assistenti parlamentari, 52 mogli, 28 figli e 32 figlie dei deputati-datori di lavoro. La pratica è dunque, sebbene eticamente opinabile, assolutamente legale e alla luce del sole.
Nello specifico, Penelope Fillon è stata retribuita 4000 euro lordi al mese in quanto assistente parlamentare di suo marito dal 1998 al 2002, quando Fillon è diventato ministro. A quel punto è stata retribuita, in quanto collaboratrice del suo supplente Marc Joulad, con un salario lordo di 6900 euro al mese sino al 2007, per poi tornare collaboratrice del marito per sei mesi nel 2012. (ogni deputato ha un supplente nel suo collegio di elezione che lo sostituisce quando, appunto, acquisisce un’altra carica).
Questi, dunque, i fatti.
Il Canard Enchainé ha però messo in discussione la veridicità del rapporto di lavoro, spiegando che la moglie di Fillon potrebbe non aver mai esercitato le funzioni di collaboratore parlamentare: nessun giornalista contattato ricorda di averla mai incrociata all’Assemblea Nazionale; persino l’assistente parlamentare di Fillon nella Sarthe, la regione di provenienza del candidato e sua circoscrizione storica fino al 2012, ha spiegato di non aver mai avuto contatti lavorativi con Penelope. Si tratterebbe quindi di un incarico fittizio, reato per cui è prevista una pena fino a 10 anni di carcere e una multa di un milione di euro per il sedicente datore di lavoro e fino 10 anni di carcere ed una multa di 750.000 euro per il finto impiegato. Dopo che il suo avvocato si è subito precipitato alla Procura di Parigi per consegnare la documentazione che dovrebbe provare l’effettivo rapporto di lavoro (la procura ha aperto un’inchiesta preliminare), giovedì François Fillon è stato ospite del principale canale della tv francese, TF1, durante il TG della sera. Il candidato repubblicano si è detto “disgustato” del trattamento riservato alla moglie, affermando che questa è una campagna “abietta”, condotta per indebolire la sua candidatura. Ha poi spiegato in cosa consisteva il lavoro esercitato da Penelope, chiarendo che qualora dovesse essere indagato ritirerà la sua candidatura (tranquilli, dei risvolti giudiziari ne parliamo lunedì).
Per chi non capisce il francese Fillon ha detto “[Penelope] mi ha sempre accompagnato nella mia vita pubblica e, tra le altre cose, penso che non avrei mai fatto il percorso che ho fatto senza il suo sostegno e il suo aiuto. Ha corretto i miei discorsi, ricevuto innumerevoli persone che volevano vedermi e io non potevo ricevere, mi ha rappresentato in delle manifestazioni, in delle associazioni, si è occupata della mia rassegna stampa e soprattutto mi teneva aggiornato – perché tutti potranno dirvi nella Sarthe che Penelope Fillon è semplice, disponibile e ascolta la gente – sulle questioni delle persone, e sulle evoluzioni della nostra società. L’ha fatto in maniera gratuita durante molti anni, poi nel 1997 un mio collaboratore parlamentare è andato via e l’ho sostituito con Penelope.”
La spiegazione è stata giudicata poco soddisfacente da parte della stampa francese: Fillon adduce come giustificazione al rapporto lavorativo della moglie una serie di attività difficilmente dimostrabili e non spiega, soprattutto, come mai Penelope ha continuato ad essere pagata in quanto collaboratrice del suo supplente visto che, come pare, il suo apporto era intimamente legato alla funzione e all’immagine del marito.
La posizione di Penelope è ancor più delicata viste le sue dichiarazioni alla stampa: ha più volte spiegato di non aver mai partecipato alla vita politica del marito per una questione di opportunità e di distinzione dei ruoli. Tra l’altro il 20 ottobre 2016, in piena campagna per le primarie, ha detto al giornale Le Bien Public che si sarebbe impegnata attivamente nella campagna elettorale di François Fillon, cosa per lei nuova visto che “finora non ero mai stata implicata nella vita politica di mio marito”. Di dichiarazioni del genere ce ne sono moltissime, e di sicuro non aiutano il candidato dei repubblicani nel suo tentativo di difesa.
La situazione è politicamente molto difficile da gestire per due motivi principali.
A-Fillon è considerato uno dei politici più onesti di Francia. Ha incentrato la sua campagna elettorale, ma in generale la sua carriera politica, sulla “probità”. Nelle varie inchieste di opinione è proprio la struttura morale che i francesi gli riconoscono come principale qualità, e Fillon dal canto suo si è sempre detto orgoglioso di non aver mai “destato il minimo sospetto sulla mia attività politica”. Durante le primarie dello scorso anno ha attaccato Nicolas Sarkozy sui suoi vari guai con la giustizia chiedendosi: “possiamo immaginare il Generale De Gaulle messo sotto indagine?”; La domanda che circola moltissimo sui social, sui giornali e in televisione è adesso: “possiamo immaginare la moglie del Generale De Gaulle messa sotto indagine?”.
B-Il programma elettorale di François Fillon prevede una serie di misure molto dure in termini di riduzione dell’impiego pubblico e prelevamenti fiscali. La volontà di Fillon è dunque chiedere dei sacrifici ai francesi per raddrizzare il paese, oltre a sanare l’ingiustizia “tra quelli che lavorano duro e sono in difficoltà e quelli che non lavorano e beneficiano dei soldi dei contribuenti”. In un contesto del genere la notizia che la moglie è stata pagata dai contribuenti per non lavorare non è proprio il massimo.
Ne beneficiano Marine Le Pen e Emmanuel Macron, principali avversari del candidato repubblicano stando ai sondaggi attuali? Sì, ne escono rafforzati entrambi anche se per motivi diversi.
-Il Front National, sempre pronto a puntare il dito contro le malefatte della classe dirigente “corrotta e autoreferenziale” è stato insolitamente moderato. David Rachline, direttore della campagna elettorale di Marine Le Pen, invitato da iTélé ha spiegato che “ci sono altre questioni che si pongono, le accuse potrebbero essere delle boules puantes” (il riferimento è alle “bombe puzzolenti”, utilizzate dai ragazzini per gli scherzi durante carnevale), “È vero che queste cose possono succedere, vedremo se le spiegazioni sono chiare o meno”. Stessa moderazione ha mostrato Florian Philippot, braccio destro di Marine Le Pen: “Dal candidato – autoproclamato – della probità e dell’onestà, ci si aspetta di meglio. Ma non lo accuso, non lo attacco, semplicemente deve dare delle spiegazioni. Vorrei solo dire che abbiamo molte più cose da dire sul suo programma che sui suoi problemi con la giustizia!”.
Il motivo per cui i frontisti hanno evitato di sollevare un polverone è che sono coinvolti in uno scandalo molto simile: Marine Le Pen e suo padre avrebbero assunto degli assistenti parlamentari pagati dal Parlamento Europeo per poi farli lavorare in Francia per attività politica del partito. La pratica è chiaramente vietata, è un reato, sui fatti è stata aperta un’inchiesta dalla Procura di Parigi e il Parlamento ha chiesto 339.000 euro di rimborso solo alla leader frontista (ma anche agli altri parlamentari coinvolti è stato chiesto di restituire dei soldi). In più Marine Le Pen ha assunto il compagno, Luois Aliot, come assistente al Parlamento Europeo, anch’essa pratica vietata (per quanto dal Fronte sottolineino che Aliot fa politica da sempre ed ha cariche molto importanti all’interno del partito). Se è vero che il Front National non potrà dunque alzare la voce più di tanto, può comunque rallegrarsi per le difficoltà di Fillon, visto che la partita a tre è molto serrata e la qualificazione al secondo turno, stando così le cose, si gioca su pochissimi punti percentuali.
-Emmanuel Macron continua ad essere un “favorito della fortuna”. Alto nei sondaggi, con un’autostrada alla sua sinistra se effettivamente il candidato dei socialisti sarà Benoît Hamon, rischia di avvantaggiarsi parecchio anche di un collasso della campagna elettorale di Fillon. Lo abbiamo spiegato più volte, ma è il caso di ripeterlo: Emmanuel Macron ha potenzialmente un elettorato molto vasto, ma liquido. È popolare a sinistra, dove molti di quelli che votavano socialista apprezzandone anche la svolta liberal con ogni probabilità adesso voteranno per lui; è popolare a destra, dove molti dei sostenitori di Alain Juppé alle primarie lo sostengono e lo voteranno (come detto, non passa un giorno senza che un personaggio di peso dichiari di votarlo). Questo elettorato liquido però, va sì sedotto con il progetto, il carisma e la dinamica in ascesa della candidatura, ma va anche convinto dal contesto generale (e qui entra in gioco la fortuna).
Ecco, questo scandalo va proprio in questa direzione: è l’ennesima buona notizia per il leader di En Marche! che questa settimana è stato in Libano e Giordania a coltivare la sua immagine internazionale. A proposito, ha anche pubblicato una lettera aperta con la sua visione dell’Europa, pubblicata da tutti i principali quotidiani europei (qui trovate la versione italiana sul Sole 24 Ore). C’è però un piccolo problema (di cui parliamo meglio lunedì), secondo un libro pubblicato giovedì Macron avrebbe utilizzato parte dei rimborsi dovuti in quanto ministro dell’Economia (120.000 euro) per organizzare l’inizio di campagna elettorale del suo movimento. Non è ancora però chiaro se le rivelazioni sono attendibili.
2-Domani c’è il ballottaggio dei socialisti
Non c’è molto spazio per parlare dei socialisti a meno di rendere questa newsletter lunghissima. D’altronde ne abbiamo parlato molto, e la situazione non è cambiata rispetto a quanto si diceva lunedì mattina. Affrontiamo alcune questioni rilevanti però:
-Il partito ha fatto una pessima figura per come ha gestito i dati dei risultati. Lo spiega bene un articolo di Lénaîg Bredoux su Mediapart: domenica sera Thomas Cay, presidente dell’Alta autorità delle primarie, ha dichiarato alla stampa che i partecipanti si attestavano tra “1,5 e 2 milioni, senza dubbio più vicini ai 2 milioni”, che era, tra le altre cose, l’obiettivo fissato dai socialisti. Passata mezzanotte il risultato ufficiale sul sito era fissato a 1,25 milioni di votanti su più dell’80% dei seggi; la mattina dopo, alle 10, il sito è stato aggiornato nuovamente, comunicando 1,6 milioni di votanti su quasi la totalità dei seggi: 350.000 partecipanti in più. Il punto è che questi partecipanti in più sembravano aggiunti in maniera artificiale, come si sono accorti i giornalisti che stavano seguendo i risultati per aggiornare i siti con i risultati più precisi. Guardando le cifre dalla tabella su cui stava lavorando Laurent de Boissieu potete rendervi conto che tutti i candidati abbiano visto crescere i loro voti assoluti, senza che per questo le percentuali fossero minimamente cambiate. Statisticamente impossibile.
Il partito si è giustificato in modo confuso, parlando prima di bug, poi di errore umano. La domanda che ci siamo posti tutti è “disonestà o incompetenza?”. In entrambi i casi un danno d’immagine piuttosto duro (e che potrebbe ulteriormente ridurre il numero di votanti di domani). Per la cronaca, ecco i risultati ufficiali, aggiornati mercoledì.
-I due candidati si sono affrontati in un dibattito piuttosto acceso mercoledì. Hanno avuto più tempo per approfondire i loro progetti e hanno discusso fino in fondo sulla loro visione della società, radicalmente diversa. Come ci aspettavamo il progetto di reddito universale proposto da Benoît Hamon è stato, ancora una volta, al centro del dibattito. Se il candidato “frondeur” (i frondisti sono in gruppo di parlamentari socialisti che hanno molto criticato l’azione governativa di Valls e Hollande) ha ben argomentato il senso della sua proposta – e le visioni in politica contano, come potete ben immaginare – è rimasto piuttosto vago sulle fatidiche “coperture finanziarie”. Per ora questo non dovrebbe essere un problema visto che la partita interna al PS si gioca più per il controllo del partito che per le presidenziali, ma nella vera campagna elettorale una posizione del genere potrebbe essere facilmente attaccata sia dai giornalisti che dagli avversari.
-Per dare un’idea di quanto queste primarie si svolgano in un clima surreale nel Partito Socialista, un centinaio di parlamentari ha deciso di non sostenere nessuno dei due candidati, probabilmente per avere mani libere dal giorno dopo (e quindi poter raggiungere Mélenchon o Macron). Un nutrito gruppo di sostenitori di Manuel Valls invece sta preparando un documento per spiegare il motivo del loro dissenso alla linea e alla candidatura di Benoît Hamon alle prossime elezioni. Una bozza del documento è stata fatta filtrare alla stampa, per cui se ne conoscono già alcuni dettagli: ulteriore conferma del grande rischio di implosione dei socialisti.
-Conscio di questa difficoltà Hamon ha previsto, in caso di vittoria, un grande comizio per dimostrare di essere competitivo quantomeno a sinistra soprattutto rispetto a Jean Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale e molto popolare nell’elettorato storico del PS deluso dalla presidenza di François Hollande.
Due comunicazioni finali. In primo luogo oggi in edicola trovate un mio articolo sul settimanale Left, in cui racconto la campagna elettorale e i problemi del Partito Socialista aiutato da Roland Cayrol, politologo che insegna a Sciences Po, e Brice Teinturier, direttore dell’istituto Ipsos, che ho intervistato. Poi (grande novità), con Daniele Bellasio, Gabriele Carrer e Edoardo Toniolatti abbiamo fondatoIl Segnale, una publication di Medium: racconti (oltre il rumore) da Berlino, Londra, Parigi, Roma e altre capitali della politica. Potete seguirci qui.
Per oggi è tutto, ci sentiamo lunedì, per commentare i risultati (se poi c’è qualcuno di voi particolarmente mattiniero sono ospite, sempre lunedì, a Le Voci del Mattino, su radio1 alle 6.50).
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Per prima cosa, ringrazio i miei 15 lettori per la fiducia, non mi aspettavo che la politica francese potesse interessare così tanto. Ho quindi pensato che una newsletter può essere uno strumento utile sia per me che per voi: ogni domenica mattina vi arriverà una email con gli argomenti della giornata, nel caso vi siate dimenticati o non abbiate tempo di leggere tutto ma almeno avere un’idea della situazione. Ci si iscrive qui. (La mail di conferma potrebbe finire in “posta indesiderata”, a me è successo quindi controllate).
Veniamo a noi: di cosa parliamo oggi:
1-I candidati alle primarie del partito di centro-destra Les Républicains, chi sono, cosa pensano, cosa dobbiamo aspettarci da loro. Una lunga guida, chi li conosce può scorrere sino al punto 2. Fino a fine novembre le primarie saranno l’argomento al centro del dibattito pubblico francese: è bene metterli a fuoco. Le primarie sono a doppio turno, come le elezioni presidenziali, se nessuno arriva al 50% i primi due candidati si sfidano al ballottaggio. Questo conta moltissimo nella strategia dei candidati, perché l’elettorato da convincere può cambiare molto tra primo e secondo turno. Di questo parleremo approfonditamente nelle prossime puntate;
2-Come se la passano i socialisti (male è un eufemismo);
3-Un piccolo accenno a Calais, “La Giungla” e il muro che stanno costruendo i francesi con l’aiuto del Regno Unito. Sarà uno dei temi centrali della campagna elettorale, perché è collegato al tema dell’immigrazione e il Front National sta cominciando ad utilizzarlo per mettere in difficoltà il governo;
4-C’è stata una polemica dopo una dichiarazione di Sarkozy. L’ex presidente, parlando dei cittadini naturalizzati francesi, ha detto che devono considerarsi discendenti dei Galli, evidentemente rinunciando alle loro radici. Tra l’altro Sarkozy discende da una famiglia di ebrei sefarditi di Salonicco. Molto poco Gallo, insomma.
1-I candidati alle primarie dei Repubblicani, chi sono e quante speranze hanno.
1-Nicolas Sarkozy è di sicuro il più famoso. È stato Presidente della Repubblica dal 2007 al 2012, ma prima di diventare presidente ha avuto una lunga carriera politica. Entra all’Assemblea Nazionale nel 1988; è sindaco di Neully sur Seine, una delle banlieues più ricche di Parigi, dal 1983 al 2002, ruolo che lascia nel 2002 per diventare prima ministro dell’interno, poi dell’economia. Dal 2014 è leader dell’opposizione, e dal 2015 segretario de “Les Républicains” il partito che sostituisce la vecchia formazione di destra UMP.
Le sue idee: Sarkozy nasce liberale, nel 2007 fu eletto proprio grazie alla promessa di portare la Francia nella globalizzazione; grazie a lui la Francia è anche entrata nella NATO. Negli anni si è spostato a destra, cercando di contendere la base elettorale più conservatrice al Fronte Nazionale. La sua strategia è questa: da un lato sta cercando di battere molto sulla sua esperienza passata, è già stato presidente e sa cosa vuol dire gestire i rapporti con l’Europa e con la comunità internazionale. D’altro canto si è mostrato negli anni molto sensibile ai problemi che evoca il Front National e ha usato parole molto dure sull’immigrazione e molto poco ortodosse sull’integrazione dei migranti. Una delle sue proposte, ad esempio, è ristabilire provvisoriamente il controllo alle frontiere: formula sufficientemente vaga da poter attirare i sostenitori del FN e allo stesso tempo non irritare troppo i moderati (come potrebbe fare se dicesse esplicitamente di voler superare Schengen). È schierato contro i matrimoni omosessuali.
I punti di forza: è il segretario del partito che organizza le primarie e questo chiaramente lo avvantaggia dal punto di vista organizzativo, ha un grande sostegno interno (lo sostengono 103 parlamentari tra Assemblea Nazionale e Senato) e delle strutture burocratiche. Sta puntando molto sulla retorica del lavoro cominciato e da portare a termine, oltre alla sua esperienza. È alla pari con Juppé nei sondaggi, ma è da marzo che cresce costantemente: nei sondaggi conta più la tendenza che l’aritmetica.
I punti deboli: il primo è speculare al punto di forza: l’“esperienza”. Senza dubbio esperto, ma è sempre e comunque un presidente che ha perso le elezioni dopo aver governato. I suoi fallimenti al governo gli vengono continuamente ricordati dalla stampa, dall’opposizione (socialista e frontista) e dai suoi avversari. Scrollarsi di dosso l’immagine di perdente sarà complicato. L’altro suo grande problema è il suo coinvolgimento nell’affaire Bygmalion, di cui parleremo sicuramente nelle prossime settimane.
2-Alain Juppé: è il sindaco di Bordeaux, ed è il più anziano e navigato dei candidati. È stato più volte ministro tra il 1986 e il 2012, due volte degli esteri, Primo Ministro durante il settennato di Chirac dal 1995 al 1997. Ha inoltre avuto parecchi guai con la giustizia ed è stato coinvolto in qualche scandalo.
È però considerata una persona molto seria, ed è abbastanza stimato anche tra i giovani. A inizio anno ha tenuto una conferenza nell’aula magna della mia università a Parigi; l’incontro era riservato agli iscritti ma la sala, che ha circa mille posti, era talmente piena che moltissimi (me compreso) si sono seduti a terra e tanta gente è rimasta fuori.
Le sue idee: è uno dei candidati più moderati, esplicitamente contro la posizione neutrale rispetto al FN assunta della dirigenza del partito e cioè il “ni-ni”: né con i socialisti né con il Fronte in caso di ballottaggio. Nel febbraio 2015 ha invitato a votare il socialista Frédéric Barbier al secondo turno di un’elezione per un seggio all’assemblea nazionale contro il candidato del FN. Ha inoltre fatto capire di essere favorevole, nel caso fosse necessario, a un governo di unità nazionale. Sostiene da diversi anni che il modello di assimilazione degli immigrati è superato, e si è schierato a favore di un modello di integrazione più aperto, all’opposto di Sarkozy. Al settimanale Les Inrockuptiblesha spiegato che c’è una sovrarappresentazione delle popolazioni di origine straniera negli individui criminali, e che questo non è colpa delle loro origini ma della loro esclusione sociale. Ècontro la procreazione assistita per le coppie omosessuali ma a favore delle adozioni.
I punti di forza: è un politico molto esperto, e sindaco amatissimo. Da noi può sembrare strano, ma in Francia non c’è stata alcuna campagna di rottamazione. In generale i francesi tendono ad affidarsi all’uomo forte, esperto. De Gaulle, Mitterrand e Chirac lo dimostrano. l suo punto di forza, oltre al profilo “expertise”, è la capacità di aggregare una formazione più ampia di quella di Sarkozy, suo rivale principale. Si sono espressi già a suo favore i leader centristi François Bayrou et Jean-Pierre Raffarin. In particolare Bayrou ha dichiarato che in caso di sua vittoria non si presenterà al primo turno delle presidenziali, e lo sosterrà. Bayrou nel 2012 prese il 9,1% al primo turno.
I punti deboli: Il suo principale punto debole è l’età. Se eletto avrà 72 anni; non sono pochi. La politica a questi livelli è usurante ed è un argomento che stampa e rivali sottolineano spesso. In più viene molto attaccato per il suo profilo moderato, probabilmente più efficace nelle elezioni vere che nelle primarie di un partito e per la sua visione “antica” della società: la Francia non è più quella degli anni ’80-’90.
3-Jean Francois Copé: è nato nel ’64, deputato e sindaco di Meaux. Discendente di ebrei romeni e algerini, è stato capogruppo dell’UMP sino al 2010 quando ne è diventato segretario. Deputato dal ’95 al ’97, e poi nuovamente dal 2002 sino ad ora. È stato portavoce del governo durante la presidenza di Chirac, è stato più volte sottosegretario ma non ha mai avuto incarichi governativi di peso.
Le sue idee: si propone come candidato “di rottura”, vuole portare avanti la “rivoluzione liberale” (sic!) che Sarkozy aveva promesso e non ha fatto. Spinge molto sul fatto di non aver avuto responsabilità di governo nel passato, e non perde occasione per ricordare che quasi tutti gli altri candidati: Fillon, Juppé, Kosciusko-Morizet e Le Maire sono stati già battuti dai socialisti. È molto critico sugli accordi di Touquet, che definisce vergognosi (su Calais vedi al punto 3). È uno dei candidati più duri sulla questione immigrazione e sicurezza: è favorevole alla soppressione dello ius soli, da rimpiazzare con la cittadinanza per “adesione” al compimento dei 18 anni; propone un progetto nazionale di mobilitazione con il servizio allo Stato (civile o militare) per cui stanzierebbe 3 miliardi di euro. Insomma vuole introdurre in Francia ciò che egli stesso definisce un “virage sécuritaire”. Infine spinge per una grande riforma del settore pubblico, da portare avanti imponendo la settimana lavorativa di 39 ore e introducendo il principio che la funzione pubblica non può essere un incarico a vita. Ha dichiarato che in Francia esiste un “razzismo anti bianco”, suscitando moltissime polemiche.
Punti di forza: le sue poche responsabilità di governo potrebbero giocare a suo favore se fossimo in Italia, ma abbiamo già visto che in Francia le cose non stanno proprio così. È però un buon oratore, e potrebbe sfruttare la sua aggressività nei tre dibattiti che si terranno a breve.
Punti di debolezza: un candidato ancorato al 2% in tutti i sondaggi, per quanto poco contino, ne ha di sicuro parecchi. Rischia di essere percepito come la brutta copia di Sarkozy, cui era molto legato in passato.
4-Francois Fillon: è stato Primo Ministro di Sarkozy durante tutto il quinquennat. Ciononostante è considerato suo avversario da tempo per le tensioni che hanno avuto durante il quinquennio. Ha anch’egli una lunga carriera politica alle spalle, ministro dell’istruzione dal ’93 al ’95, poi delle telecomunicazioni, del lavoro e “numero due del governo” (colui che esercita le funzioni del Primo Ministro in caso di assenza o impedimento) dal 2004 al 2007.
Le sue idee: Anche Fillon vuole presentarsi come vero candidato di rottura, dice di ispirarsi alla Thatcher quando propone un taglio della spesa pubblica di 110 miliardi, alzare l’età pensionabile a 65 anni e riportare la settimana lavorativa a 39 ore. È stato uno dei primi a dire di volersi candidare, siccome lo ha annunciato nel 2013, poco dopo la sconfitta dell’allora UMP alle presidenziali. È molto critico con Juppé per la troppa moderazione, sostiene che il sindaco di Bordeaux è portatore di una sintesi “molle” di idee che non hanno nulla a che fare tra loro. È molto duro sull’immigrazione, è contro lo ius soli e vorrebbe che i servizi sociali fossero garantiti solo agli stranieri legalmente presenti sul territorio da anni.Si è dichiarato d’accordo con la provocazione di Copé, sul razzismo anti-bianco. È uno dei sostenitori della linea “ni-ni” rispetto al Front National.
I punti di forza: si gioca la terza posizione nei sondaggi con Bruno Le Maire, ha avuto molto tempo per strutturare la sua candidatura ed è molto sostenuto dall’establishment del partito, è il secondo candidato più sostenuto tra i parlamentari, sono 78 i membri del Congresso dalla sua parte.
I punti di debolezza: ha due grandi problemi: il primo è che ha fatto il Primo Ministro per 5 anni sotto Sarkozy, e gran parte della sua campagna è incentrata sulla critica alle promesse mancate dell’ex presidente. Appare quindi poco credibile. Il secondo problema è che non è mai stato percepito come leader, nella sua carriera politica Fillon è sempre stato il numero due, il braccio destro di qualcun altro. Passare da numero 2 a numero 1 nella percezione degli elettori sarà complicato per lui.
5-Natalie Kosciusko-Morizet è nata nel 1973, in una famiglia da sempre impegnata in politica. Nota di colore, è una discendente di Lucrezia Borgia. È stata consigliere regionale dell’Ile de France (la piccola regione parigina), vicepresidente dell’UMP, sottosegretario e poi ministro dell’ambiente. Ha perso le elezioni al comune di Parigi contro Anne Hidalgo, ora sindaco socialista della capitale. Portavoce di Sarkozy alle elezioni del 2012 ha anch’essa, come Fillon, trovato modo di distanziarsi dalla figura ingombrante dell’ex presidente all’indomani della disfatta elettorale.
Le sue idee: è forse la candidata più progressista tra quelli in campo, e si è distinta per una serie di prese di posizione molto critiche alla “droitisation” del suo partito. Ha quindi fatto della libertà di parola e della capacità di prendere posizioni coraggiose un suo marchio distintivo. Molto liberale sulle questioni economiche (contraria alle 35 ore e favorevole all’innalzamento dell’età pensionabile), molto aperta sulle questioni sociali: favorevole al matrimonio omosessuale e alla procreazione assistita. Si è anche opposta alla posizione “ni-ni” e ha tentato di capeggiare la fronda contro la proposta di togliere la cittadinanza ai condannati per terrorismo (anche se in possesso della sola nazionalità francese, su questo torneremo). Uno dei punti del suo programma per il comune di Parigi era la liberalizzazione dei servizi, apertura dei negozi la domenica, aumento dell’orario notturno del metrò.Ha persino sostenuto il movimento Nuit Debout, all’inizio.
Punti di forza: non ha alcuna speranza di vincere, quindi il suo obiettivo è cercare di indirizzare il dibattito sui temi che le stanno più a cuore. Si vedrà soprattutto durante i dibattiti televisivi se riuscirà a imporre la sua agenda.
Punti di debolezza: ha perso malamente le elezioni a Parigi quando la popolarità dei socialisti era già ai minimi. Rischia di essere presa poco sul serio.
6-Bruno Le Maire,ha 46 anni ed è il candidato più giovane. È stato segretario di stato agli esteri e poi ministro dell’agricoltura durante la presidenza Sarkozy. È appassionato di letteratura e ha raccontato la sua esperienza di governo in un libro.
Le sue idee: è molto critico con il modello della classe dirigente francese: quasi tutti i politici francesi hanno fatto l’ENA, la scuola di amministrazione pubblica, lui compreso. Ha spiegato che proprio perché ha visto come vanno le cose è consapevole della necessità di un cambiamento; ha definito gli “enarchistes” come delle “mummie”.
Tiene fede alla sua posizione di terzo incomodo, criticando sia Sarkozy che Juppé. Ha dichiarato che la sfida non può essere tra “le retour du Kärcher” e“l’immobilismo felice”. Il primo riferimento è a Sarkozy, che nel 2004 aveva dichiarato di voler ripulire un campo profughi con una pompa ad alta pressione della Kärcher, l’azienda tedesca che le produce. Il secondo allo slogan di Juppé: “l’identité heureuse”, l’identità felice. Ha presentato un programma di 1000 pagine, roba che fa sembrare il programma della fu Unione di Prodi una piccola raccolta di buoni propositi; la sua proposta più forte è la riduzione di un milione di funzionari pubblici in 10 anni. Vuole poi organizzare un referendum sulla modifica dei trattati europei, Schengen in primis. Ha anche detto che Matteo Renzi deve essere un esempio, soprattutto per la fermezza che ha avuto nell’imporre il jobs act senza negoziazioni interminabili con i sindacati.
Punti di forza: Le Figaro ha scritto che il suo obiettivo è arrivare terzo con un risultato tale da accreditarsi come il miglior primo ministro sulla scena in caso di vittoria del suo partito, non ha quindi la pressione della vittoria, e grazie al doppio turno potrebbe avere un buon successo, visto il profilo molto autonomo che si sta creando.
Punti di debolezza: il suo principale concorrente è Fillon, che come visto ha un sostegno molto più strutturato nell’establishment del partito (Le Maire conta su una trentina di deputati e senatori). In più, almeno sinora, i francesi hanno mostrato di preferire i candidati esperti.
7-Jean-Frédéric Poisson è l’unico candidato esterno ai repubblicani perché leader del partito cristiano-democratico, non ha avuto bisogno quindi di raccogliere firme o sostegno dai parlamentari.
Le sue idee: è una sorta di Pierferdinando Casini d’oltralpe, vista anche la recente comune passione per la politica estera, e si è fatto conoscere per la visita a Bachar Al Asad nel luglio 2015. Nell’occasione ha risposto a chi gli chiedeva un parere sulla decisione del regime di bombardare anche i quartieri civili di Aleppo, che dopotutto la guerra è guerra. Ecco forse Casini questo non lo direbbe. Contrario ai matrimoni gay e euroscettico, rappresenta la branca sovranista della destra francese. È convinto bisogni difendere le prerogative dello Stato contro le intrusioni dell’Europa. Ha molto criticato l’atlantismo di Francois Hollande e di Sarkozy. Vorrebbe invece degli accordi privilegiati con la Russia, e l’eliminazione delle sanzioni.
Punti di forza: è molto indietro nei sondaggi, in alcuni non arriva nemmeno all’1%, ciò che gli interessa è quindi dare visibilità al suo piccolo partito, e i tre dibattiti televisivi in programma gli consentiranno di farlo.
Punti di debolezza: la campagna ruoterà intorno all’identità francese, alla lotta al terrorismo, al ruolo dell’Europa e alla gestione del fenomeno migratorio. Viste le sue idee, avrà senz’altro qualcosa da dire. Il problema è che non è un grande oratore ed è, al momento, un perfetto sconosciuto per la maggioranza dei francesi.
Piccola precisazione: va subito chiarito che i sondaggi sono ancora largamente inaffidabili, sia perché sino a mercoledì non era disponibile la lista completa dei candidati, sia perché la base elettorale è molto complicata da individuare. Come in Italia per il PD, le primarie sono aperte a tutti, e questo rende le rilevazioni difficili e con un gran margine d’errore. In ogni modo Juppé e Sarkozy si contendono la prima posizione, entrambi dati intorno ai 37 punti percentuali. La tendenza è però favorevole al secondo, che ha recuperato 15 punti dalle rilevazioni di marzo. Il terzo posto è conteso tra Fillon e Le Maire, ma a meno di colpi di scena è tra i primi due che si gioca la partita.
2-E i socialisti? Esistono ancora? Hanno qualche speranza?
Perchè non c’è una guida dei candidati per le primarie del Partito Socialista? Perché il partito è in forte crisi per le divisioni interne e per l’emorragia di voti alla sua sinistra. E quindi ufficialmente non abbiamo ancora i candidati.
Di questo parleremo meglio nelle prossime settimane, per adesso basta che sappiate che le primarie si terranno in gennaio (forse), e che le notizie sono poche e contraddittorie. Hollande è molto impopolare, al momento non ha chiarito se si candiderà o meno, non arriva al secondo turno in nessun sondaggio. Da questo dipende un’eventuale candidatura di Valls, il Primo Ministro: dopo mesi di voci sulle sue ambizioni presidenziali Valls ha dichiarato di sostenere il presidente. Se corre Hollande si farà da parte. I candidati che si sono dichiarati disponibili a partecipare per adesso sono cinque, tendenzialmente sconosciuti. L’unico politico di relativo peso che ha fatto capire di voler sfidare Hollande è Arnaud Montebourg che rappresenta l’ala sinistra del Partito, ma stenta nei sondaggi (come candidato socialista al primo turno delle presidenziali non supera il 10% in nessun sondaggio).
3-Calais, la Giungla e il nuovo muro anti migranti
Quello che sta succedendo a Calais inciderà fortemente sulla campagna elettorale, e anche di questo ci occuperemo nelle prossime settimane, perché sarà un argomento ricorrente. In breve, Calais è una piccola città nel nord della Francia, uno dei porti principali sull’Oceano Atlantico e quello da dove i treni e i bus entrano nel tunnel della Manica. Vicino Calais esiste da tempo una baraccopoli, anche detta “la Giungla”, formatasi dopo la chiusura del campo profughi di Sangatte e abitata dai migranti che cercano di raggiungere la Gran Bretagna. “La Giungla” si è sviluppata ai lati dell’autostrada attraversata dai TIR per entrare nel tunnel; a causa dei controlli di frontiera si formano lunghe code e i migranti cercano di approfittarne per salire di nascosto sui mezzi pesanti. Per evitarlo, Francia e Regno Unito si sono accordati per costruire un muro che protegga l’autostrada e impedisca il passaggio ai migranti. Al momento più di 10mila rifugiati sono ammassati in condizioni precarie intorno a Calais, e a breve si porrà la questione di dove collocarli. La proposta del governo è accoglierli su tutto il territorio nazionale, ma questa proposta ha due problemi: il primo è che una volta smantellato il campo ci vorrà poco perché se ne crei uno nuovo, il flusso di migranti che cerca di arrivare in Inghilterra è continuo, e quindi questo non risolverà il problema nel medio termine; il secondo è che per distribuire i migranti in tutti i comuni francesi bisogna convincere i sindaci, e il Front National ha già dichiarato che i suoi sindaci si rifiuteranno di farlo.
4-“Au moment où vous devenez français, vos ancêtres ce sont les Gaulois”
Letteralmente vuol dire “appena diventate francesi, i vostri antenati sono i Galli”, e si riferisce evidentemente all’idea di assimilazione che ha portato avanti per un certo periodo la Francia rispetto agli immigrati. Chi viene in Francia diventa francese, non esiste identità possibile che non sia questa. La dichiarazione è stata molto criticata, sia da sinistra (il ministro dell’istruzione ha consigliato Sarkozy di rileggere i libri di storia) che dai repubblicani stessi. Juppé ha chiesto di non abbassare il livello del dibattito, Le Maire ha fatto notare che le sue origini (nonno pied-noir, nonna brasiliana), come quelle di Sarkozy, sono tutt’altro che galliche. Molti commentatori hanno sottolineato che questa dichiarazione non è casuale, Sarkozy non è uno stupido e ogni sua uscita è ponderata: sa a chi rivolgersi e ha una strategia precisa. L’ex presidente ha ben chiaro che in questo momento è candidato alle primarie del centro destra, non alle presidenziali. Si rivolge quindi a una parte dell’elettorato, e questo gli consente di osare di più su alcuni temi. I suoi obiettivi sono due:
1-Spingere Alain Juppé sempre più nel campo centrista e farlo spostare il più possibile su posizioni vicini a quelle della sinistra, in modo da attaccarlo con più efficacia. Juppé così rischia di essere il campione di una parte dell’elettorato certamente disposta a votarlo al secondo turno delle presidenziali, ma che alle primarie del centro destra sicuramente non parteciperà.
2-Cercare di orientare il dibattito su temi meno concreti e più adatti ad uno scontro verbale, arte in cui il l’ex presidente è molto abile. In più questo consentirebbe a Sarkozy di oscurare Marine Le Pen o comunque costringerla a prendere posizioni ancora più estreme (tranquilli, anche sulla strategia del Front National ci torniamo). La cosa per ora ha funzionato, è da martedì che in Francia non si parla d’altro.
Spero sia stato un buon inizio; a domenica prossima!
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