Presidenziali 2017

Présidentielle 2017, ventiquattresima settimana: la settimana più lunga di François Fillon

Ventiquattresima settimana della newsletter sulle presidenziali francesi. Arriva ogni domenica anche sulla vostra email, ci si iscrive cliccando qui.

Di cosa parliamo oggi?

1-François Fillon ha passato la settimana più difficile da quando è candidato alla presidenza. Ormai il PenelopeGate tiene in ostaggio tutta la politica francese;

2-Emmanuel Macron ha presentato il suo programma giovedì mattina, ci sono cose interessanti ma a causa del punto 1 è passato in secondo piano.

1-Fillon è al capolinea?

“Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!”, è quanto grida Riccardo III  in una delle ultime scene dell’omonima tragedia di Shakespeare. Disarcionato e indifeso con la battaglia che infuria, il re inglese è pronto a rinunciare a quanto di più prezioso ha ottenuto dopo menzogne, inganni e assassinii pur di tornare in sella e evitare la sconfitta: vuole sfidare a duello Enrico Tudor conte di Richmond, sbarcato dalla Francia per reclamare il trono inglese. I due si scontrano sul campo di battaglia, ed è proprio Riccardo ad essere ucciso, diventando l’ultimo plantageneto a regnare sull’isola britannica.

Possiamo paragonare ciò che è successo a François Fillon negli ultimi mesi ad una tragedia in tre atti. Il primo atto chiuso con la rivincita dell’eterno numero due, trionfante alle primarie del suo partito dopo essere stato a lungo trattato con disprezzo da Nicolas Sarkozy e preso in giro dalla stampa e dalla politica francese per il suo scarso carisma. La victoire de Mr. Nobody titolano i giornali il giorno dopo il suo trionfo.

Il secondo atto comincia il 24 gennaio, con la rivelazione dell’impiego fittizio della moglie da parte del Canard Enchainé. Fillon reagisce in televisione difendendo la propria innocenza, indignandosi per un complotto mirato ad eliminare politicamente la sua persona e il suo programma, ponendo una sola condizione al suo ritiro: la messa in esame da parte della magistratura.

Mercoledì si apre il terzo atto, con l’annuncio in conferenza stampa di ciò che sembrava impossibile poche settimane prima: “il 15 marzo sono stato convocato dai giudici in vista della mia messa sotto esame, ma non mi ritirerò, non mi consegnerò, il mio unico giudice è adesso il popolo francese.” L’ultimo atto svela infine la vera natura del protagonista, diviso tra due scelte: redimersi o andare avanti fino in fondo, trascinando con sé nell’abisso la sua famiglia politica e i suoi elettori, convinti di aver trovato il giusto campione per riconquistare il potere dopo cinque anni di odiato hollandismo.

Il repubblicano ha riunito i suoi sostenitori in una grande manifestazione di piazza, per dimostrare di non essere solo, di avere ancora un popolo dalla sua parte. Non essendoci né regni né cavalli, oggi al Trocadero Fillon ha gridato: “la candidatura, la candidatura, la mia immagine pubblica per la candidatura!”.

Ma andiamo ai fatti, abbandonando le suggestioni teatrali.

Venerdì 24 febbraio, come sa chi ha letto l’ultima newsletter, Fillon aveva ricevuto la notizia dell’apertura di un’informazione giudiziaria e il contestuale insediamento dei tre giudici di istruzione che avrebbero dovuto decidere il prosieguo della sua inchiesta. Il candidato aveva però ignorato la notizia, cercando di imporre i suoi temi: pochi minuti dopo ha tenuto un discorso a Parigi non citando nemmeno una volta i suoi guai con la giustizia, e l’agenda comunicata alla stampa per la settimana successiva si concentrava sull’agricoltura, con dei sopralluoghi previsti in alcune importanti realtà agricole francesi e soprattutto con una passerella al Salone dell’Agricoltura -importante esposizione che si tiene a Parigi, a Porte de Versailles -, prevista per mercoledì mattina.

La visita al Salone dell’Agricoltura è però stata annullata all’ultimo momento, senza spiegazioni, con la contestuale convocazione di una conferenza stampa a mezzogiorno. Persino le persone più vicine al candidato non avevano idea del motivo; in molti, invitati nei talk show o nelle radio, hanno appreso la decisione in diretta, sembrando in evidente imbarazzo nel commentarla. Dopo voci incontrollate su una perquisizione in corso al suo domicilio – smentita – e un fermo di polizia per sua moglie – smentito anche quello -, Fillon ha preso la parola per 8 minuti, cambiando completamente strategia rispetto allo scandalo: ha preso di petto la situazione annunciando di essere stato convocato dai giudici il 15 marzo per essere messo sotto esame. Ha continuato dicendo che non si sarebbe ritirato, che non si sarebbe “consegnato” visto che è in corso un assassinio politico della sua persona e dell’elezione presidenziale, falsata visto il risultato della campagna di stampa e giudiziaria contro di lui.

Alla conferenza stampa sono seguite una valanga di dimissioni, in particolare quelle di tre pesi massimi della sua campagna: Bruno Le Maire, candidato alle primarie dello scorso autunno che si era subito schierato al fianco di Fillon al ballottaggio, Thierry Solére, organizzatore delle primarie e suo portavoce, Patrick Stefanini, direttore della sua campagna elettorale e principale artefice della vittoria di Fillon alle primarie (i due lavoravano insieme dal 2013). Nei giorni successivi si sono aggiunti Christian Estrosi, sarkozysta di peso presidente della regione PACA, Nadine Morano, ex ministro e parlamentare europeo, Jean Christophe Lagarde, presidente del partito di centro UDI con cui Fillon aveva appena chiuso un accordo per le elezioni legislative. Se volete potete conoscere i nomi di chi mollato Fillon in questo contatore costantemente aggiornato da Libération.

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Cosa si dice en coulisses, dietro le quinte? Molti giornalisti con cui ho parlato mi hanno spiegato che le defezioni più pesanti sono avvenute in privato: Valerie Pécresse, presidente della regione Ile de France (la regione parigina), onnipresente in tv a difendere il candidato in questo mese e sempre al suo fianco fino alla conferenza stampa di mercoledì, non si è presentata alla manifestazione; Gerard Larcher, presidente del Senato e fillonista da molti anni, era anch’egli assente. Entrambi non hanno rilasciato dichiarazioni, ma hanno con ogni probabilità deciso di lasciare la campagna con discrezione. La situazione al quartier generale repubblicano è surreale, dei 50 impiegati ne sono rimasti solo 10, come visto non c’è più il direttore della campagna, non c’è più il tesoriere, metà dei responsabili del suo comitato si sono dimessi.  Tutto ciò rende difficile mandare avanti la campagna anche dal punto di vista materiale.

Quello che complica ancor di più le cose è che la manifestazione di oggi è stata un relativo successo, Fillon ha mostrato di essere ancora in grado di mobilitare il suo elettorato, tra l’altro in un posto simbolico: il Trocadero è la piazza che riempì Nicolas Sarkozy nel 2012, nella sua grande rimonta contro François Hollande. Fillon ha parlato in maniera molto più moderata rispetto a mercoledì, non una parola contro i giudici, nessun attacco istituzionale al Presidente della Repubblica. In più, contrariamente a quanto aveva sbandierato finora, non ha detto che andrà fino in fondo, costi quel che costi. Il suo è stato un discorso fiero, ha ringraziato la parte della Francia che in queste ore si è stretta al suo fianco, ha ripetuto che il suo programma è il solo in grado di raddrizzare il paese. Stasera è poi intervenuto al TG delle 20.00 concedendo che la sua reazione di mercoledì è stata forse eccessiva, ma commisurata alla violenza degli attacchi. Ha confermato che non intende ritirarsi, ma ha ammesso che terrà in considerazione ciò che chiede il suo partito.

Cosa può succedere nelle prossime ore? Ci sono due piani da considerare, quello organizzativo, quello personale.

A-I problemi organizzativi

I repubblicani sono davanti a due difficoltà. Innanzitutto, per strano che possa sembrare, nel regolamento delle primarie non è previsto il caso in cui il candidato sia incapace di condurre la campagna elettorale fino in fondo. Questo non solo a causa di problemi politici, ma anche in caso di morte, malattia o qualunque altro fatto che ne impedisca la candidatura. Semplicemente il piano b non esiste. Questo vuol dire che una candidatura sostitutiva a quella di Fillon passa per un accordo tra le varie correnti molto litigiose dei repubblicani e, paradosso, le primarie sono state organizzate proprio per evitare un accordo molto difficile e scongiurare una frattura e due candidature della destra.

La seconda grande difficoltà è rappresentata dalle date. Le candidature si chiudono ufficialmente il 17 marzo, ultimo giorno utile per consegnare le firme al Consiglio Costituzionale. Fillon è stato convocato dai giudici di istruzione il 15 marzo per, come ha detto, essere messo sotto esame. Ma questa decisione non è scontata, i giudici potrebbero non ritenere necessario un passo del genere, che interviene solo se esistono “indizi gravi e concordanti”. Potrebbero addirittura archiviare la sua posizione, sembra improbabile al momento, ma è comunque una possibilità. Immaginiamo che domani il partito decide di sostituirlo con Juppé e il 15 marzo Fillon viene prosciolto da tutte le accuse: come si gestisce una situazione del genere? Immaginiamo anche la situazione inversa, Fillon è messo sotto esame in maniera ufficiale: non c’è tempo per trovare un altro candidato.

B-La personalità di Fillon

Il proprio vissuto in politica conta: siamo abituati a pensare che gli uomini politici agiscano razionalmente sulla base dell’interesse del paese o del proprio, a seconda dell’opinione personale che ne abbiamo. Ma non è solo e sempre così. Fillon ha quasi chiuso la sua carriera politica nel 2012 quando ha vissuto come un furto il congresso dell’allora UMP: sia lui che il suo avversario Jean François Copé reclamarono la vittoria a pochi minuti dalla chiusura dei seggi accusandosi reciprocamente di brogli. La situazione precipitò e Fillon fondò addirittura un gruppo parlamentare autonomo, prima di accettare una reggenza congiunta e tornare nel partito, anche grazie alla mediazione di Nicolas Sarkozy. Le primarie del 2016, quelle che ha vinto, sono state organizzate anche per sanare quella frattura ed evitarne un’altra: il suo atteggiamento è quindi influenzato dal fatto che pensa di essere derubato di quanto ha ottenuto per la seconda volta. L’uomo è testardo e sta dimostrando di avere una resilienza fuori dal comune, uno dei motivi per cui Nicolas Sarkozy non ha ancora parlato pubblicamente e ha calmato i suoi, nei limiti del possibile. L’ex presidente, conoscendo il carattere di François Fillon, sta cercando di evitare di metterlo all’angolo, dandogli la possibilità di decidere in autonomia il ritiro.

E in tutto questo Alain Juppé? Quello che sappiamo è che Juppé aveva detto categoricamente di non essere disponibile, sia in pubblico ma anche in privato. Dopo aver ricevuto moltissime pressioni a quanto sembra il sindaco di Bordeaux ha cambiato idea, e sarebbe disponibile a subentrare, a due condizioni: la prima è che gli venga chiesto esplicitamente da Fillon e la seconda è che Sarkozy sia d’accordo. Sappiamo che Sarkozy e Juppé hanno parlato a lungo a telefono sabato sera, ma non cosa si siano detti e soprattutto se abbiano iniziato a trattare su un nome alternativo. Probabilmente avremo più informazioni domattina, siccome Juppé ha appena convocato una conferenza stampa per le 10.30.

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Insomma l’unico ad avere veramente in mano il destino della candidatura di Fillon, è Fillon stesso.

Infine un piccolo esercizio, siccome molti di voi mi hanno posto la domanda in questa settimana: cosa succede se Fillon viene eletto? La situazione sarebbe politicamente molto difficile da gestire. Il presidente della repubblica gode dell’immunità, qualunque procedimento viene quindi sospeso fino alla fine del mandato – è già successo con Jacques Chirac, presidente dal 1995 al 2002 che è stato condannato per dei fatti commessi quand’era sindaco di Parigi, dal 1977 al 1995.

Però il processo non riguarda solo Fillon, ma anche la moglie, i figli e il suo supplente. Per queste persone la procedura continua, se dovessero essere condannate durante il suo mandato sarebbe un colpo durissimo per una presidenza cominciata già molto male. Se a ciò aggiungiamo un Front National con un nutrito numero di parlamentari e con un risultato molto alto al secondo turno (ad oggi i sondaggi dicono che con Fillon finirebbe 55 a 45) ecco che il quadro per il 2022 sarebbe molto favorevole per il Front National. La domanda “cosa succede se Fillon viene eletto, nonostante tutto” circola molto sulla stampa in questi giorni, aprendo un altro dibattito che visibilmente non aiuta il candidato.

2-Macron ha presentato il suo programma

Non ho spazio per parlarne, a conferma di quanto lo scandalo di Fillon abbia sequestrato persino questa newsletter. La conferenza stampa che ha tenuto giovedì sarebbe stata il momento della settimana in condizioni normali, ma è stata oscurata dalla giornata di mercoledì, per i motivi che avete appena letto. Tra l’altro questo problema è stato denunciato da tutti i candidati, Mélenchon ha detto che è assurdo non poter discutere con il candidato della destra, Marine Le Pen ha fatto un ragionamento simile e Hamon si è lamentato dicendo che le sue proposte sono inascoltate a causa del PenelopeGate.

La cosa più semplice è quindi scrivere un articolo a parte sul programma di Macron, che troverete giovedì pomeriggio sul mio profilo Facebook. Alle 19, se vi va, faccio una diretta in cui ne parliamo in maniera più approfondita.

Bruno Le Maire è il personaggio della settimana

Pochi minuti dopo la conferenza stampa di mercoledì Bruno Le Maire si è dimesso dall’équipe di campagna di Fillon dicendo di non sentirsi a suo agio con chi non rispetta la parola data ai francesi. Non era facile prendere questa decisione per primo, senza aspettare nemmeno una reazione. Una scelta del genere è anche motivata dalla volontà di accreditarsi come uomo in grado di ricostruire la destra dopo la possibile sconfitta alle elezioni. Personalmente e politicamente una scelta azzeccata.

Consigli di lettura

-Jannick Vely racconta su Paris Match la sofferta decisione di Patrick Stefanini, direttore della campagna di François Fillon che ha dato le dimissioni venerdì mattina;

Le scuse di Michel Délean, giornalista di Mediapart, che aveva dato la notizia della perquisizione e del fermo di polizia di Penelope Fillon, poi rivelatasi falsa;

-Quando e come gli elettori decidono di votare il proprio candidato? Lo spiega Martial Foucault, direttore del CEVIPOF, in una bella intervista;

-Florian Philippot è uno dei principali artefici del successo di Marine Le Pen, ma ultimamente sta perdendo la sua influenza. Il retroscena del JDD;

-Siamo abituati a pensare che le elezioni si vincono al centro. Secondo il politologo e sondaggista Jérôme Fourquet non è più così, e anzi non lo è mai stato.

Per oggi è tutto, a domenica prossima!

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Presidenziali 2017

Présidentielle 2017, ventunesima settimana: Marine Le Pen vola

Ventunesima settimana della newsletter sulle presidenziali francesi. Arriva ogni domenica anche sulla vostra email, ci si iscrive cliccando qui.

Di cosa parliamo oggi?

1-Marine Le Pen ha cominciato la campagna elettorale. Commentiamo alcuni dati interessanti sullo share del talk show cui ha partecipato e analizziamo qual è davvero il suo potenziale elettorale.

2-Ancora una settimana complicata per François Fillon, che però ha raggiunto il suo principale obiettivo: continuare ad essere il candidato repubblicano alle presidenziali.

3-Due nuove sezioni, suggerite da amici e lettori.

1-Marine Le Pen è davvero competitiva?

È stata la prima settimana di campagna della leader del Front National. Domenica scorsa vi avevo raccontato a caldo il suo comizio, qui trovate un reportage che ho scritto per Gli Stati Generali (e qui ne ho parlato a Radio24 con Oscar Giannino). Marine Le Pen aveva un appuntamento mediatico molto importante: era invitata all’Émission Politique, uno dei talk show più seguiti della televisione francese. Chi è iscritto da un po’ conosce il programma, ma vale la pena ricordarne le modalità.

La trasmissione dura due ore, è presentata da due volti noti della televisione francese, Léa Salamé e David Pujadas, ed è strutturata in varie interviste su temi specifici condotte da giornalisti invitati appositamente. Si susseguono quindi esperti del mondo del lavoro (sindacalisti/imprenditori), cittadini comuni, un politico della parte avversa e un invitato a sorpresa. L’esercizio è molto duro, i conduttori hanno una reputazione di giornalisti abbastanza aggressivi, specialmente Léa Salamé, e il programma viene commentato sui giornali del giorno dopo e in televisione nei giorni successivi.

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Marine Le Pen ha polverizzato tutti i record: secondo il sondaggio realizzato dall’istituto Harris Interactive su commissione di France 2 e del programma, che diffonde i risultati in diretta, il 41% dei telespettatori si è detto convinto dagli argomenti di Marine. Come vedete, la leader del Front National fa meglio di Benoît Hamon, che aveva cominciato a crescere davvero nei sondaggi anche grazie alla sua buona prova televisiva, e François Fillon, per cui avevamo registrato una dinamica simile.

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L’altro record raggiunto da Marine Le Pen riguarda i dati di ascolto. Con 3,5 milioni di telespettatori e quasi il 17% di share distanzia nettamente Alain Juppé, che come vedete era stato seguito da “solo” 2,75 milioni (13,2% di share). Per comprendere il contesto, all’epoca il sindaco di Bordeaux era considerato praticamente il prossimo Presidente della Repubblica, capirete dunque che l’interesse nei suoi confronti era piuttosto alto.

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Tutto ciò va aggiunto al positivo quadro politico che si sta delineando. Abbiamo parlato nelle scorse settimane della solidità del suo elettorato, sottolineando come un voto molto identitario al primo turno può essere sintomo della difficoltà di allargare la propria base elettorale al secondo. A dicembre le primarie del centro-destra avevano in più designato un candidato molto difficile da affrontare per lei: Fillon era un concorrente ostico vista la sua popolarità tra gli elettori più radicali per la sua durezza in materia di sicurezza e immigrazione; la statura presidenziale indubbiamente superiore del repubblicano poneva a Marine Le Pen il problema di lavorare sulla sua immagine di eterna perdente; infine le posizioni conservatrici in tema di società piacevano molto all’elettorato cattolico più conservatore che negli ultimi anni invece guardava con interesse al Front National, grazie anche al profilo di Marion Maréchal Le Pen (se volete approfondire, qui trovate l’analisi della vittoria di Fillon a novembre). Le difficoltà di Fillon sono quindi benvenute.

 

Finora non avevamo affrontato questo discorso ma è utile dare uno sguardo ai sondaggi più recenti che iniziano a registrare le intenzioni di voto al ballottaggio. Il Front National fa un notevole balzo in avanti: stimato al 25/26% al primo turno, al secondo è capace di raggiungere un risultato tra il 35 e il 40% (dipende dell’avversario). Ciò vuol dire che una parte consistente dell’elettorato è pronto a spostarsi su Marine Le Pen, fino a questo punto non è mai successo. Il precedente che possiamo utilizzare sono le elezioni regionali del 2015: dopo un risultato francamente impressionante in alcune regioni al primo turno, solo in PACA (Provence-Alpes-Côte d’Azur) il partito è stato capace di incrementare sensibilmente la propria percentuale passando dal 40% al 45%. La candidata in quel caso era Marion Maréchal Le Pen.

Questo vuol dire che il Front National è potenzialmente in grado di allargare la propria base elettorale, seppure non in maniera decisiva visto che per ora parliamo di 1/10 dell’elettorato. Il problema è sempre lo stesso: per vincere devi convincere il 50%+1 dei francesi, molto complicato se non fai alleanze, tra l’altro al momento non in agenda. Fino ad oggi l’idea di condividere il potere o fare dei compromessi con altre forze politiche è rimasta estranea al DNA del Front National, che al contrario gioca sul concetto di “cittadella assediata”: noi da soli contro tutti.

Però guardate i (supposti) flussi nel grafico successivo: in caso di ballottaggio contro Emmanuel Macron (che vincerebbe 63-37) il 10% degli elettori di Mélenchon voterebbero per lei così come il 29% degli elettori di François Fillon. Sembra poco, non lo è. Controllate il risultato del padre, Jean Marie, alle presidenziali del 2002. Già un risultato del genere sarebbe una rivoluzione.

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Il sondaggio è stato realizzato da Ifop

2-François Fillon è, con fatica, ancora in sella

Il candidato repubblicano non sta passando un bel momento, come sapete bene. Ha però salvato il salvabile, cosa non scontata sino al week end scorso.

Lunedì ha organizzato una conferenza stampa al suo comitato. Dopo aver ribadito l’effettività dell’impiego di sua moglie e lanciato una sorta di “operazione trasparenza”, pubblicando online il suo patrimonio completo, ha chiesto scusa ai francesi.

“Lavorando con mia moglie e i miei figli ho privilegiato questa collaborazione di fiducia che oggi suscita sospetto. È stato un errore, lo rimpiango profondamente, e presento le mie scuse ai francesi.” 

Poi ha chiarito che non sta al “tribunale mediatico” giudicarlo, compito che spetta solo gli elettori.  Ha infine concluso la conferenza sostenendo che da quel momento sarebbe cominciata un’altra campagna, e che avrebbe imposto il suo programma e la sua agenda politica al dibattito pubblico.

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Come vedete il crollo comincia a inizio gennaio, quando i francesi hanno iniziato ad approfondire il programma molto duro sul piano economico e sociale. Dalla fine del mese diventa un’emorragia seria. Il grafico è de L’Express.

La sua è stata l’unica linea di difesa possibile: non si è rivolto davvero ai francesi, come ha detto, ma ha parlato al proprio campo. Se il crollo nei sondaggi è notevole, allo stesso tempo il 17/18% delle intenzioni di voto al momento attribuitegli è molto vicino alla percentuale storica della destra francese al primo turno, stimata intorno al 20%. La volontà di chiudere definitivamente il capitolo PenelopeGate gli consente di ricominciare a far campagna e rassicurare chi ha deciso di votare per lui.

Vi avevo raccontato dei dubbi sempre più consistenti di una parte del partito sull’opportunità di mantenere la sua candidatura. Martedì, alla riunione con i parlamentari, una parte di essi sembrava orientata a chiedere formalmente un passo indietro al candidato. Non è successo, perché? Perché sia i deputati più vicini a Juppé che i sarkozysti non sono stati in grado di imporre un proprio candidato: provarci avrebbe significato spaccare irrimediabilmente i repubblicani. L’atteggiamento di Fillon (che secondo alcuni ha peraltro preso in ostaggio la sua famiglia politica) ha ri-compattato i repubblicani dietro la sua candidatura;  le varie voci su una sua sostituzione sono cessate di colpo da lunedì sera, una volta terminata la conferenza stampa. Martedì è stato ospite di François Baroin, fedelissimo di Sarkozy, a Troyes; giovedì, a Poitiers, Jean-Pierre Raffarin, ex primo ministro sotto Chirac e gran sostenitore di Alain Juppé alle primarie, ha introdotto il comizio del candidato con un discorso molto appassionato e leale. Segnali inequivocabili.

Il discorso di Fillon a Poitiers è stato abbastanza incentrato su sicurezza e immigrazione, strategia che probabilmente verrà tenuta nelle prossime settimane: la sua proposta economica è quasi brutale (500.000 funzionari pubblici in meno, grande riduzione delle spese pubbliche, interventi anche sulla sanità), e chiedere sacrifici ai francesi dopo uno scandalo che ha messo in luce una relazione “interessata” con il denaro non è molto credibile. Fillon cercherà quindi di evitare una fuga del suo elettorato più radicale verso Marine Le Pen e allo stesso tempo blandirà gli indecisi che guardano a Macron, giocando sulla sua solidità internazionale e sulla sua innegabile esperienza di governo.

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Come notate la caduta di consenso di Fillon è avvenuta anche all’interno dei simpatizzanti repubblicani. È a loro che il candidato si rivolge principalmente in questo momento.

La retorica contro la stampa e il potere socialista, che starebbe cercando di sabotare la sua candidatura, completano questa “trasformazione”: da candidato con ambizioni maggioritarie Fillon ha in questo momento la preoccupazione di salvare il suo elettorato storico. Chi si riconosce nel progetto politico repubblicano ha necessità di essere convinto che Fillon è ancora il candidato giusto, ha bisogno di una retorica che gli consenta di camminare a testa alta. Sono anni che aspetta di riprendere il potere e di liberarsi di Hollande e potrebbe serrare i ranghi dietro al suo candidato, paradossalmente pensando che sia perseguitato. Il problema è che, appunto, parliamo dell’elettore di destra. Basta?

Al momento no. Lo ha spiegato bene il politologo Bernard Sananés: noi ci soffermiamo chiaramente sui sondaggi di intenzione di voto, ma guardando il barometro di opinione che misura la popolarità dei singoli politici su tutto l’elettorato, notiamo che tra i primi dieci non c’è nessun repubblicano tranne Juppé, ormai però alla fine della sua carriera politica. Questo indica che al momento la destra non si inserisce più nella dinamica dell’alternanza, non ha – per ora – un personaggio in grado di unire il paese dietro di sé.

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Il primo politico repubblicano è Xavier Bertrand, tredicesimo.

Speciale: chi ha vinto la settimana?

Questa volta era facile: Marine Le Pen, vista la sua capacità di convincere nell’Emission Politique e occupare quasi tutto lo spazio mediatico soprattutto a scapito di Macron, visto e sentito poco e quasi solo per le critiche sempre più forti alla vaghezza del suo programma.

Devo però citare Jean Luc Mélenchon, autore di un comizio geniale settimana scorsa: non voglio lo perdiate. Parlava da Lione (anche lui), ma ha organizzato un altro comizio in contemporanea a Parigi, dov’è apparso in ologramma. Coup de théâtre.

 

L’idea di aggiungere questa rubrica alla fine di ogni puntata è di Giovanni Diamanti cui vanno i doverosi credits.

Letture consigliate

Una lunga intervista di Thomas Piketty a FranceInter. L’economista è stato appena nominato responsabile della questione europea e della revisione dei trattati nella squadra di Benoît Hamon.

Chi sono i francesi che sostengono Emmanuel Macron? Un’analisi del sondaggista Jérôme Fourquet su slate.fr.

Il Front National è diventato un vero partito nazionale. Splendida intervista dellObs a Pascal Perrineau, politologo tra i riferimenti preferiti di questa newsletter.

François Fillon è messo meglio di quanto crediamo. Un’analisi controcorrente di Eric Dupin.

Perché la difesa di François Fillon non funziona, visto dall’Italia. Daniele Bellasio sul suo blog, Danton.

Grazie a Giulio, che ha suggerito questa nuova sezione.

Momento pubblicità: per il Foglio ho intervistato Christophe Castaner, portavoce di Emmanuel Macron. L’intervista la trovate qui.

Per oggi è tutto, a domenica prossima!

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Presidenziali 2017

Présidentielle 2017, diciannovesima settimana: Hamon ha vinto le primarie!

Diciannovesima settimana della newsletter sulle presidenziali francesi. Arriva ogni domenica anche sulla vostra email, ci si iscrive cliccando qui.

Prima di cominciare un annuncio importante: da ieri sono in Francia e seguirò tutta la campagna elettorale per le presidenziali sul campo. Sono davvero contento di questa possibilità e spero di potervi offrire un servizio ancora più preciso e più “vero” di quanto fatto sinora. Infine, stamattina sono stato ospite di Le Voci del Mattino, su Radio 1. Qui trovate il podcast, io parlo dal minuto 30 in poi.

Veniamo a noi: di cosa parliamo oggi?

1-Come sapete, Hamon ha vinto le primarie del Partito Socialista. Non è una sorpresa, ma è comunque un momento storico per il partito egemone della sinistra francese: per la prima volta sarà un esponente della minoranza a guidare i socialisti alle presidenziali.

2-È stato pubblicato un sondaggio molto interessante, ma da prendere con cautela

3-Mentre la sinistra sceglieva il suo candidato François Fillon ha parlato di fronte a 13.000 persone a Porte de la Villette, a nord di Parigi. Il candidato ha provato a reagire allo scandalo che abbiamo analizzato la settimana scorsa con un discorso molto accorato.

1-Hamon è il candidato socialista all’Eliseo

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Benoît Hamon ha vinto le primarie del partito socialista con il 58% dei voti, una vittoria netta e chiara. Sapevamo che per Valls era quasi impossibile recuperare lo svantaggio, viste le sue difficoltà in campagna elettorale e la dinamica favorevole al suo avversario, sempre crescente nei sondaggi dall’inizio della competizione. A giocare un ruolo decisivo però è stata la capacità di Hamon di presentare un progetto credibile rispetto ai temi più sentiti dagli elettori: ci aiuta questo grafico di Elabe, che mette in evidenza come la situazione economica e il bisogno di protezione sociale fossero in cima alle preoccupazioni degli elettori di sinistra, temi su cui Hamon ha evidentemente presentato un progetto ed una visione credibili e vicini alla sensibilità del suo elettorato.

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Come vedete, uno degli argomenti classici di Manuel Valls, la sicurezza e il terrorismo, è solo terzo, considerato prioritario dal 26% dei votanti. La credibilità internazionale, terreno in genere molto rilevante in un’elezione presidenziale, è l’ultimo tema citato dagli intervistati: solo il 7% degli elettori ha ritenuto le posizioni in materia di relazioni internazionali come una priorità nella scelta del candidato. Questo conferma quanto spiegato nelle settimane precedenti allo scrutinio: in massima parte i socialisti non hanno votato per un potenziale presidente della repubblica, quanto per il candidato che meglio incarnasse i valori di sinistra.

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Come potete notare il 56% ha votato per chi può rappresentare meglio i valori di sinistra, mentre solo il 44% ha votato per chi potrebbe far meglio il presidente della repubblica. Uno score quasi identico alle percentuali reali di voto.

Ieri sera sono stato al comitato di Benoît Hamon per attendere i risultati, e ho quindi parlato con moltissime persone. Su Left ho raccontato la serata, per cui se vi diverte un piccolo reportage lo trovate qui, ma voglio condividere con voi alcune impressioni. Mi ha molto colpito l’età media dei militanti/simpatizzanti, quasi tutti tra i venti e i trent’anni, universitari e molto entusiasti. Un segmento di elettorato composto da, direbbero qui in Francia, Bobo (bourgeois-bohème, l’equivalente del nostro radical chic), e non dalle classi che stanno pagando la crisi economica e le politiche di austerità, classi che il candidato ha più volte detto di voler rappresentare. Questo è forse in parte vero, ma andando a guardare i risultati nei quartieri popolari di Lille si nota come Hamon abbia ricevuto praticamente un plebiscito.

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Alla luce del sondaggio che commentiamo nel punto 2, e con tutte le cautele del caso, la dinamica è interessante perché potrebbe rendere Hamon molto competitivo nei confronti di Jean Luc Mélenchon: quello che è rimasto dell’elettorato popolare (ormai quasi tutto propenso a votare Front National) è per adesso affascinato dal messaggio da tribuno di Mélenchon; un candidato più “simpatico” e conciliante, con una proposta nuova e innovativa (il reddito universale) e spinto da due milioni di elettori che lo hanno legittimato alle primarie come Hamon, potrebbe però essere altrettanto attraente.

Ciò detto, Hamon deve affrontare due sfide, come individua il Monde:

-La prima è riunire intorno alla sua candidatura tutte le anime del partito.  Il compito è molto complesso: per capirci Manuel Valls venerdì aveva dichiarato di non poter difendere il programma di Hamon durante la campagna elettorale in caso di sua vittoria (e non parteciperà all’investitura ufficiale del candidato, domenica, perché in vacanza). Bisogna tener presente che Hamon è uno dei leader dei frondeurs, i ministri che hanno lasciato il governo Valls sbattendo la porta e hanno causato non pochi problemi all’esecutivo in Parlamento. Da un lato quindi Hamon dovrà trattare con alcuni deputati che chiederanno il “diritto di ritiro dalla campagna” nella tradizionale riunione del martedì all’Assemblea Nazionale, dall’altro dovrà far fronte agli eletti (deputati ma non solo) che saranno tentati da Emmanuel Macron, e potrebbero aggregarsi al suo movimento.

-La seconda è prepararsi a difendere il suo programma. Ne avevamo parlato già sabato: la sua proposta è da molti considerata inapplicabile perché costosissima e con serie implicazioni dal punto di vista sociale per la messa in discussione del lavoro come elemento fondante della nostra società. In questo senso sono interessanti le opinioni delle persone che erano ieri al comitato: tutti i militanti cui facevo notare le contraddizioni della proposta, la sua difficile applicabilità e la vaghezza in termini di coperture finanziarie, mi rispondevano allo stesso modo, che si riassume in quello che ha detto una ragazza, Clotilde: “in questi cinque anni abbiamo smesso di sognare, Hamon rappresenta la riconciliazione con le nostre idee. Il punto non è se le sue proposte sono realizzabili o meno: sinistra vuol dire anche utopia, avere il coraggio di proporre un cambiamento radicale”. Ecco, questo atteggiamento un po’ ingenuo difficilmente si riprodurrà nei dibattiti televisivi. Hamon è avvisato.

2-Un sondaggio, da prendere con molta cautela

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Il sondaggio è stato effettuato da Kantar Safres-One Point per Le Figaro dal 26 al 27 gennaio. Come vedete Macron ne esce rafforzato, visto che vincerebbe un eventuale ballottaggio in scioltezza sia contro Fillon che contro Marine Le Pen. La seconda notizia che ricaviamo è che Hamon sorpassa per la prima volta Jean Luc Mélenchon nelle intenzioni di voto al primo turno. Il terzo dato interessante è la percezione di Fillon, mentre a dicembre il 54% degli intervistati riteneva il candidato repubblicano di avere una statura presidenziale (il sondaggio è del JDD), oggi solo il 40% (in basso a destra) risponde in questo modo. Sono due sondaggi diversi, condotti con campioni e metodi non identici, ma uno scarto di 14 punti è comunque notevole.

Questa rilevazione va comunque presa con molta cautela: il campione intervistato è molto ristretto e non misura appieno l’effetto del Penelope Gate, lo scandalo che ha colpito François Fillon. Sta di fatto che al quartier generale dei repubblicani cominciano ad essere seriamente preoccupati per la crescita di Emmanuel Macron, che infatti è stato oggetto di numerosi attacchi durante il comizio tenuto da François Fillon a Porte de la Villette.

3-Fillon riempie La Villette, ma ci sono altri scandali

Ieri François Fillon ha tenuto un grande meeting a Porte de la Vilette con quasi 15.000 partecipanti. L’incontro, previsto da tempo per dare il via alla campagna elettorale, era diventato molto atteso a causa dello scandalo che ha coinvolto il candidato e sua moglie. Ne abbiamo parlato sabato, qui la puntata.

Fillon ha tenuto un ottimo discorso, duro in alcuni passaggi, e capace di trascinare le migliaia di simpatizzanti repubblicani venuti ad ascoltarlo. Dopo aver ribadito, davanti a tutti, la sua fiducia e il suo amore verso la moglie, ha arringato la sala affermando che non si lascerà intimidire: “per resistere a questa impresa di demolizione vi dico, dal fondo del cuore, grazie di essere qui, con me, con noi”. Il comizio ha rappresentato da un lato una dimostrazione di forza da parte di un candidato che nelle ultime settimane – al di là dello scandalo – non aveva brillato, dall’altro l’occasione per mostrare l’unità della famiglia politica repubblicana alle prese con una serie di polemiche interne rispetto alle scelte dei candidati nelle 577 circoscrizioni delle elezioni legislative.

Come detto però, uno dei motivi ricorrenti del discorso di François Fillon è stato l’attacco a Macron:

“Esiste una terza sinistra, che conosciamo poco. È Macron. Dice di avere un progetto; io lo attendo! Dice di essere riformatore; a priori, lo è meno di me! Fa credere di essere solo e di venire dal nulla; in realtà ha scritto il programma di Monsieur Hollande e ha messo in atto una gran parte del suo programma politico. È partito per una spedizione solitaria, ma i suoi sostenitori non sono tanto lontani come vuol far credere. Chi sono? Eh bene, è tutta la squadra di governo di Monsieur Hollande. Buongiorno novità! Macron è un uscente, è il bilancio di Hollande, è soprattutto il prototipo delle élites che non conoscono la realtà profonda del nostro paese”. 

Finora Fillon non aveva mai dedicato così tanta attenzione al leader di En Marche! e questo atteggiamento sarà con ogni probabilità mantenuto anche nelle prossime settimane se i sondaggi dovessero confermare la tendenza di Macron.

Veniamo, però, ai guai. Sabato abbiamo approfondito il presunto rapporto di lavoro fittizio tra Fillon e sua moglie Penelope. Per chi arriva adesso qui la puntata precedente. Durante il suo intervento televisivo di giovedì, pensato per difendersi dalle accuse, ad un certo punto il candidato repubblicano ha detto: “Quando ero senatore ho remunerato due dei miei figli come avvocati in ragione della loro competenza.” La dichiarazione, che ha sorpreso un po’ tutti perché resa spontaneamente, senza che il giornalista avesse chiesto informazioni al riguardo, è stata subito passata al setaccio dalla stampa, che ha scoperto, grazie all’inchiesta di Mediapart e del Journal du Dimanche, che i due figli di Fillon all’epoca non erano avvocati ma solo studenti di giurisprudenza.

Il settimanale L’Obs , dopo aver provocatoriamente notato che “tra i Fillon si ama lavorare in famiglia” ha spiegato che quando il candidato repubblicano era senatore, cioè tra il 2004 e il 2007, sua figlia Marie aveva tra i 22 e i 25 anni, mentre suo figlio Charles tra 20 e 23. Entrambi hanno passato l’esame e cominciato ad esercitare la professione quando il padre aveva già lasciato Palais du Luxembourg (il palazzo dove ha sede il Senato): Marie nel 2007, Charles nel 2010.

Accortosi dell’incongruenza il candidato ha dovuto fare marcia indietro, spiegando che la sua dichiarazione era stata imprecisa a causa dell’emozione. L’entourage ha chiarito ad AFP (l’equivalente della nostra Ansa) che Fillon intendeva dire che i due figli sono avvocati oggi, non che lo fossero all’epoca. Tra l’altro in Francia non è così raro che gli studenti universitari, specie durante gli ultimi anni, comincino già a lavorare e ad essere pagati per piccole consulenze legali. Sta di fatto che questa dichiarazione potrebbe portare ulteriori danni alla credibilità di Fillon.

Gli scandali che riguardano il periodo che Fillon ha passato al Senato non sono però finiti. Secondo un articolo di Mathilde Mathieu di Mediapart, il candidato repubblicano avrebbe ricevuto “dei crediti riservati alla remunerazione degli assistenti parlamentari con un sistema di commissioni occulte” dal 2005 al 2007. Il tutto grazie a uno stratagemma apparentemente piuttosto comune. I senatori, come i deputati, beneficiano di un assegno con cui pagano i loro collaboratori ma spesso non lo spendono completamente, dovendo quindi restituirne una parte. Per evitare di doversi occupare di queste questioni burocratiche molti parlamentari delegano la gestione del fondo al loro gruppo politico.

Ma, spiega la giornalista, tra il 2003 e il 2014 alcuni senatori dell’UMP (il vecchio partito di Fillon poi trasformatosi in Les Républicains) hanno recuperato quasi un terzo della cifra assegnatagli tramite un sistema detto “il ristorno”: questi fondi sarebbero transitati prima in un’associazione fantoccio chiamata Union républicaine du Sénat (URS) che si sarebbe poi occupata di distribuirli con assegni a suo nome.

Per questo affare sono indagati due senatori abbastanza importanti come Henri de Raincourt e René Garrec, ma per dei fatti posteriori al 2009. Il caso di François Fillon non sarebbe dunque al vaglio dei giudici ma la situazione rischia di metterlo in serio imbarazzo. L’entourage del candidato, raggiunto telefonicamente da Mediapart, ha dichiarato di non voler commentare un’indagine in corso, senza confermare né negare un suo eventuale coinvolgimento.

Infine, ancora un probabile incarico fittizio di Penelope Fillon, sua moglie. Penelope è stata pagata 5.000 euro lordi al mese per un anno e mezzo, tra maggio 2012 e dicembre 2013, in quanto redattrice della Revue des deux mondes. Anche in questo caso non si capisce bene se l’impiego fosse reale o meno: Michel Crépu, direttore della rivista, interrogato dal Canard Enchainé, ha spiegato che Penelope “ha firmato due o forse tre note di lettura” ma “in alcun momento […] ho avuto la minima impressione di quello che potrebbe somigliare a un lavoro di consigliere letterario”. Sul tema è stata aperta un’inchiesta preliminare, venerdì la procura ha perquisito gli uffici della rivista e i rapporti molto stretti tra François Fillon e l’editore della rivista Marc Ladreit de Lacharrière non aiutano a placare i sospetti.

Mentre scrivo i coniugi Fillon sono in procura a parlare con i magistrati, vedremo come andrà a finire. Per qualunque aggiornamento non esitate a scrivermi o a controllare i miei social (specialmente Twitter).

Per oggi è tutto, ci sentiamo domenica! (Per chi vuole, sabato pomeriggio farò una diretta Facebook da Lione, dove Emmanuel Macron terrà un grande comizio).

P.S. Mi è stato fatto notare che nella scorsa newsletter ho mancato il link all’editoriale di Emmanuel Macron sull’Europa, pubblicato in Italia dal Sole 24 Ore. Lo trovate qui.

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Presidenziali 2017

Présidentielle 2017, edizione straordinaria: c’è un FillonGate?

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Domani i socialisti votano per il ballottaggio e come sapete si affrontano Manuel Valls e Benoît Hamon. Ma la notizia della settimana è lo scandalo che ha colpito Fillon e sua moglie, affaire che ha totalmente oscurato la competizione interna del partito socialista.

1-C’è un Fillongate?

Come avrete sentito al telegiornale o avrete letto sui giornali italiani Fillon è alle prese con un problema piuttosto serio che coinvolge sua moglie. Secondo il Canard Enchainé, famoso giornale satirico francese, Penelope Fillon avrebbe percepito quasi 500.000 euro in quanto collaboratrice parlamentare del marito. Il fatto in sé non è uno scandalo: ogni deputato francese riceve 9561 euro al mese con cui può decidere di assumere fino a 5 assistenti parlamentari. Spesso il parlamentare decide di assumere un parente, che sia la moglie o il figlio; anche qui, nulla di male, ci sono moltissimi assistenti parlamentari scelti tra i familiari che lavorano e sono molto apprezzati dall’Assemblea e dai cronisti parlamentari. Mediapart ha condotto una lunga inchiesta sul tema nel 2014, individuando, tra gli assistenti parlamentari, 52 mogli, 28 figli e 32 figlie dei deputati-datori di lavoro. La pratica è dunque, sebbene eticamente opinabile, assolutamente legale e alla luce del sole.

Nello specifico, Penelope Fillon è stata retribuita 4000 euro lordi al mese in quanto assistente parlamentare di suo marito dal 1998 al 2002, quando Fillon è diventato ministro. A quel punto è stata retribuita, in quanto collaboratrice del suo supplente Marc Joulad, con un salario lordo di 6900 euro al mese sino al 2007, per poi tornare collaboratrice del marito per sei mesi nel 2012. (ogni deputato ha un supplente nel suo collegio di elezione che lo sostituisce quando, appunto, acquisisce un’altra carica).

Questi, dunque, i fatti.

Il Canard Enchainé ha però messo in discussione la veridicità del rapporto di lavoro, spiegando che la moglie di Fillon potrebbe non aver mai esercitato le funzioni di collaboratore parlamentare: nessun giornalista contattato ricorda di averla mai incrociata all’Assemblea Nazionale; persino l’assistente parlamentare di Fillon nella Sarthe, la regione di provenienza del candidato e sua circoscrizione storica fino al 2012, ha spiegato di non aver mai avuto contatti lavorativi con Penelope. Si tratterebbe quindi di un incarico fittizio, reato per cui è prevista una pena fino a 10 anni di carcere e una multa di un milione di euro per il sedicente datore di lavoro e fino 10 anni di carcere ed una multa di 750.000 euro per il finto impiegato. Dopo che il suo avvocato si è subito precipitato alla Procura di Parigi per consegnare la documentazione che dovrebbe provare l’effettivo rapporto di lavoro (la procura ha aperto un’inchiesta preliminare), giovedì François Fillon è stato ospite del principale canale della tv francese, TF1, durante il TG della sera. Il candidato repubblicano si è detto “disgustato” del trattamento riservato alla moglie, affermando che questa è una campagna “abietta”, condotta per indebolire la sua candidatura. Ha poi spiegato in cosa consisteva il lavoro esercitato da Penelope, chiarendo che qualora dovesse essere indagato ritirerà la  sua candidatura (tranquilli, dei risvolti giudiziari ne parliamo lunedì).

 

Per chi non capisce il francese Fillon ha detto “[Penelope] mi ha sempre accompagnato nella mia vita pubblica e, tra le altre cose, penso che non avrei mai fatto il percorso che ho fatto senza il suo sostegno e il suo aiuto. Ha corretto i miei discorsi, ricevuto innumerevoli persone che volevano vedermi e io non potevo ricevere, mi ha rappresentato in delle manifestazioni, in delle associazioni, si è occupata della mia rassegna stampa e soprattutto mi teneva aggiornato – perché tutti potranno dirvi nella Sarthe che Penelope Fillon è semplice, disponibile e ascolta la gente – sulle questioni delle persone, e sulle evoluzioni della nostra società. L’ha fatto in maniera gratuita durante molti anni, poi nel 1997 un mio collaboratore parlamentare è andato via e l’ho sostituito con Penelope.”

La spiegazione è stata giudicata poco soddisfacente da parte della stampa francese: Fillon adduce come giustificazione al rapporto lavorativo della moglie una serie di attività difficilmente dimostrabili e non spiega, soprattutto, come mai Penelope ha continuato ad essere pagata in quanto collaboratrice del suo supplente visto che, come pare, il suo apporto era intimamente legato alla funzione e all’immagine del marito.

La posizione di Penelope è ancor più delicata viste le sue dichiarazioni alla stampa: ha più volte spiegato di non aver mai partecipato alla vita politica del marito per una questione di opportunità e di distinzione dei ruoli. Tra l’altro il 20 ottobre 2016, in piena campagna per le primarie, ha detto al giornale Le Bien Public che si sarebbe impegnata attivamente nella campagna elettorale di François Fillon, cosa per lei nuova visto che “finora non ero mai stata implicata nella vita politica di mio marito”. Di dichiarazioni del genere ce ne sono moltissime, e di sicuro non aiutano il candidato dei repubblicani nel suo tentativo di difesa.

La situazione è politicamente molto difficile da gestire per due motivi principali.

A-Fillon è considerato uno dei politici più onesti di Francia. Ha incentrato la sua campagna elettorale, ma in generale la sua carriera politica, sulla “probità”. Nelle varie inchieste di opinione è proprio la struttura morale che i francesi gli riconoscono come principale qualità, e Fillon dal canto suo si è sempre detto orgoglioso di non aver mai “destato il minimo sospetto sulla mia attività politica”. Durante le primarie dello scorso anno ha attaccato Nicolas Sarkozy sui suoi vari guai con la giustizia chiedendosi: “possiamo immaginare il Generale De Gaulle messo sotto indagine?”; La domanda che circola moltissimo sui social, sui giornali e in televisione è adesso: “possiamo immaginare la moglie del Generale De Gaulle messa sotto indagine?”.

B-Il programma elettorale di François Fillon prevede una serie di misure molto dure in termini di riduzione dell’impiego pubblico e prelevamenti fiscali. La volontà di Fillon è dunque chiedere dei sacrifici ai francesi per raddrizzare il paese, oltre a sanare l’ingiustizia “tra quelli che lavorano duro e sono in difficoltà e quelli che non lavorano e beneficiano dei soldi dei contribuenti”. In un contesto del genere la notizia che la moglie è stata pagata dai contribuenti per non lavorare non è proprio il massimo.

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Ne beneficiano Marine Le Pen e Emmanuel Macron, principali avversari del candidato repubblicano stando ai sondaggi attuali? Sì, ne escono rafforzati entrambi anche se per motivi diversi.

-Il Front National, sempre pronto a puntare il dito contro le malefatte della classe dirigente “corrotta e autoreferenziale” è stato insolitamente moderato. David Rachline, direttore della campagna elettorale di Marine Le Pen, invitato da iTélé ha spiegato che “ci sono altre questioni che si pongono, le accuse potrebbero essere delle boules puantes” (il riferimento è alle “bombe puzzolenti”, utilizzate dai ragazzini per gli scherzi durante carnevale), “È vero che queste cose possono succedere, vedremo se le spiegazioni sono chiare o meno”. Stessa moderazione ha mostrato Florian Philippot, braccio destro di Marine Le Pen: “Dal candidato – autoproclamato – della probità e dell’onestà, ci si aspetta di meglio. Ma non lo accuso, non lo attacco, semplicemente deve dare delle spiegazioni. Vorrei solo dire che abbiamo molte più cose da dire sul suo programma che sui suoi problemi con la giustizia!”.

Il motivo per cui i frontisti hanno evitato di sollevare un polverone è che sono coinvolti in uno scandalo molto simile: Marine Le Pen e suo padre avrebbero assunto degli assistenti parlamentari pagati dal Parlamento Europeo per poi farli lavorare in Francia per attività politica del partito. La pratica è chiaramente vietata, è un reato, sui fatti è stata aperta un’inchiesta dalla Procura di Parigi e il Parlamento ha chiesto 339.000 euro di rimborso solo alla leader frontista (ma anche agli altri parlamentari coinvolti è stato chiesto di restituire dei soldi). In più Marine Le Pen ha assunto il compagno, Luois Aliot, come assistente al Parlamento Europeo, anch’essa pratica vietata (per quanto dal Fronte sottolineino che Aliot fa politica da sempre ed ha cariche molto importanti all’interno del partito). Se è vero che il Front National non potrà dunque alzare la voce più di tanto, può comunque rallegrarsi per le difficoltà di Fillon, visto che la partita a tre è molto serrata e la qualificazione al secondo turno, stando così le cose, si gioca su pochissimi punti percentuali.

-Emmanuel Macron continua ad essere un “favorito della fortuna”. Alto nei sondaggi, con un’autostrada alla sua sinistra se effettivamente il candidato dei socialisti sarà Benoît Hamon, rischia di avvantaggiarsi parecchio anche di un collasso della campagna elettorale di Fillon. Lo abbiamo spiegato più volte, ma è il caso di ripeterlo: Emmanuel Macron ha potenzialmente un elettorato molto vasto, ma liquido. È popolare a sinistra, dove molti di quelli che votavano socialista apprezzandone anche la svolta liberal con ogni probabilità adesso voteranno per lui; è popolare a destra, dove molti dei sostenitori di Alain Juppé alle primarie lo sostengono e lo voteranno (come detto, non passa un giorno senza che un personaggio di peso dichiari di votarlo). Questo elettorato liquido però, va sì sedotto con il progetto, il carisma e la dinamica in ascesa della candidatura, ma va anche convinto dal contesto generale (e qui entra in gioco la fortuna).

Ecco, questo scandalo va proprio in questa direzione: è l’ennesima buona notizia per il leader di En Marche! che questa settimana è stato in Libano e Giordania a coltivare la sua immagine internazionale. A proposito, ha anche pubblicato una lettera aperta con la sua visione dell’Europa, pubblicata da tutti i principali quotidiani europei (qui trovate la versione italiana sul Sole 24 Ore). C’è però un piccolo problema (di cui parliamo meglio lunedì), secondo un libro pubblicato giovedì Macron avrebbe utilizzato parte dei rimborsi dovuti in quanto ministro dell’Economia (120.000 euro) per organizzare l’inizio di campagna elettorale del suo movimento. Non è ancora però chiaro se le rivelazioni sono attendibili.

2-Domani c’è il ballottaggio dei socialisti

Non c’è molto spazio per parlare dei socialisti a meno di rendere questa newsletter lunghissima. D’altronde ne abbiamo parlato molto, e la situazione non è cambiata rispetto a quanto si diceva lunedì mattina. Affrontiamo alcune questioni rilevanti però:

-Il partito ha fatto una pessima figura per come ha gestito i dati dei risultati. Lo spiega bene un articolo di Lénaîg Bredoux su Mediapart: domenica sera Thomas Cay, presidente dell’Alta autorità delle primarie, ha dichiarato alla stampa che i partecipanti si attestavano tra “1,5 e 2 milioni, senza dubbio più vicini ai 2 milioni”, che era, tra le altre cose, l’obiettivo fissato dai socialisti. Passata mezzanotte il risultato ufficiale sul sito era fissato a 1,25 milioni di votanti su più dell’80% dei seggi; la mattina dopo, alle 10, il sito è stato aggiornato nuovamente, comunicando 1,6 milioni di votanti su quasi la totalità dei seggi: 350.000 partecipanti in più. Il punto è che questi partecipanti in più sembravano aggiunti in maniera artificiale, come si sono accorti i giornalisti che stavano seguendo i risultati per aggiornare i siti con i risultati più precisi. Guardando le cifre dalla tabella su cui stava lavorando Laurent de Boissieu potete rendervi conto che tutti i candidati abbiano visto crescere i loro voti assoluti, senza che per questo le percentuali fossero minimamente cambiate. Statisticamente impossibile.

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Il partito si è giustificato in modo confuso, parlando prima di bug, poi di errore umano. La domanda che ci siamo posti tutti è “disonestà o incompetenza?”. In entrambi i casi un danno d’immagine piuttosto duro (e che potrebbe ulteriormente ridurre il numero di votanti di domani). Per la cronaca, ecco i risultati ufficiali, aggiornati mercoledì.

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-I due candidati si sono affrontati in un dibattito piuttosto acceso mercoledì. Hanno avuto più tempo per approfondire i loro progetti e hanno discusso  fino in fondo sulla loro visione della società, radicalmente diversa. Come ci aspettavamo il progetto di reddito universale proposto da Benoît Hamon è stato, ancora una volta, al centro del dibattito. Se il candidato “frondeur” (i frondisti sono in gruppo di parlamentari socialisti che hanno molto criticato l’azione governativa di Valls e Hollande) ha ben argomentato il senso della sua proposta – e le visioni in politica contano, come potete ben immaginare – è rimasto piuttosto vago sulle fatidiche “coperture finanziarie”. Per ora questo non dovrebbe essere un problema visto che la partita interna al PS si gioca più per il controllo del partito che per le presidenziali, ma nella vera campagna elettorale una posizione del genere potrebbe essere facilmente attaccata sia dai giornalisti che dagli avversari.

-Per dare un’idea di quanto queste primarie si svolgano in un clima surreale nel Partito Socialista, un centinaio di parlamentari ha deciso di non sostenere nessuno dei due candidati, probabilmente per avere mani libere dal giorno dopo (e quindi poter raggiungere Mélenchon o Macron). Un nutrito gruppo di sostenitori di Manuel Valls invece sta preparando un documento per spiegare il motivo del loro dissenso alla linea e alla candidatura di Benoît Hamon alle prossime elezioni. Una bozza del documento è stata fatta filtrare alla stampa, per cui se ne conoscono già alcuni dettagli: ulteriore conferma del grande rischio di implosione dei socialisti.

-Conscio di questa difficoltà Hamon ha previsto, in caso di vittoria, un grande comizio per dimostrare di essere competitivo quantomeno a sinistra soprattutto rispetto a Jean Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale e molto popolare nell’elettorato storico del PS deluso dalla presidenza di François Hollande.

Due comunicazioni finali. In primo luogo oggi in edicola trovate un mio articolo sul settimanale Left, in cui racconto la campagna elettorale e i problemi del Partito Socialista aiutato da Roland Cayrol, politologo che insegna a Sciences Po, e Brice Teinturier, direttore dell’istituto Ipsos, che ho intervistato. Poi (grande novità), con Daniele Bellasio, Gabriele CarrerEdoardo Toniolatti abbiamo fondato Il Segnale, una publication di Medium: racconti (oltre il rumore) da Berlino, Londra, Parigi, Roma e altre capitali della politica. Potete seguirci qui.

Per oggi è tutto, ci sentiamo lunedì, per commentare i risultati (se poi c’è qualcuno di voi particolarmente mattiniero sono ospite, sempre lunedì, a Le Voci del Mattino, su radio1 alle 6.50).

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