Ventiseiesima settimana della newsletter sulle elezioni presidenziali francesi
1-François Fillon è stato infine messo sotto esame dalla magistratura, ma c’è una nuova rivelazione scomoda (stavolta del JDD).
2-Il 17 marzo il consiglio costituzionale ha chiuso le candidature, un piccolo punto delle situazione con i candidati ai blocchi di partenza
3-Emmanuel Macron ha dettagliato le sue proposte in materia di difesa ed è stato toccato da un piccolo scandalo
1-Caro Fillon timeo Danaos et dona ferentes
L’espressione è ciò che fa dire Virgilio a Laocoonte nell’Eneide, e vuol dire letteralmente “temo gli Achei anche quando portano doni”. Laocoonte si riferisce al grande cavallo di legno lasciato dai greci come regalo sulle spiagge di Troia subito dopo la finta ritirata. Il sacerdote di Poseidone, dopo aver cercato invano di persuadere i troiani a non portare il cavallo dentro le mura, finisce per essere divorato da due serpenti marini inviati da Minerva, che parteggiava per i greci.
Il paragone è calzante perché Fillon ha ricevuto l’equivalente di 13.000 euro in vestiti dal suo amico Robert Bourgi (la rivelazione è del Monde), avvocato molto ricco e conosciuto negli ambienti politici per i rapporti con Sarkozy e per essere uno degli animatori del gruppo Francafrique, una sorta di lobby che cura gli interessi francofoni in Africa. Ora, se a ricevere una liberalità del genere è una persona normale non c’è nulla di male, se il destinatario è invece un candidato alla massima magistratura dello Stato il dono può assumere un carattere sospetto. Non perché c’è necessariamente un accordo dietro, ma perché chi ti fa un regalo del genere potrebbe bussare alla tua porta dopo l’elezione per chiedere un favore, o ancora potresti dover essere costretto a prendere una decisione (legittima e normale) che indirettamente avvantaggia il tuo benefattore. Insomma, un uomo politico deve sempre considerare i regali fuori scala come dei potenziali cavalli di Troia da cui è meglio stare alla larga.
I 13.000 euro sono una parte dei 48.500 euro che Fillon ha speso in 4 anni nella stessa boutique, Arnys, come ha rivelato il JDD, il settimanale che ha condotto l’inchiesta. Il problema ulteriore di questa storia sono le date: i vestiti pagati 13000 euro sono stati ordinati da Robert Bourgi il 7 dicembre 2016 e poi pagati il 20 febbraio. Il 20 febbraio, ricordiamo, il PenelopeGate era scoppiato da quasi un mese, Fillon era un candidato più che in bilico e la sua vita privata era (ed è tuttora) passata al setaccio da tutti i media nazionali. Come poteva pensare che un assegno di 13.000 euro nella boutique più ricercata della rive gauche parigina potesse passare inosservato alla stampa? Era tanto difficile chiamare l’amico e dirgli di evitare? Questa gestione dimostra che François Fillon non ha ben compreso la portata dello scandalo che lo ha investito, uno dei motivi per cui non è stato in grado di reagire in maniera efficace.
Torniamo alla cronaca: com’era prevedibile e previsto François Fillon è stato messo sotto esame dai giudici d’istruzione. Com’era prevedibile e previsto Fillon resta il candidato dei repubblicani, anche perché le candidature sono ormai chiuse. Non è una pessima notizia per il candidato nella misura in cui un esito del genere era scontato, e tra l’altro visti i tempi molto stretti (si vota il 23 aprile) è difficile che i giudici possano ancora interferire con il calendario della campagna elettorale. Va chiarito che Fillon non è condannato, quello che cambia è la conoscenza completa del dossier e la possibilità di ricorrere contro gli atti del giudice istruttore in questa fase del procedimento. Quanto politicamente tutto ciò sia stato dannoso lo sapete bene, visto che l’abbiamo ampiamente analizzato nelle settimane scorse.
2- Com’è la situazione generale, a candidature chiuse
Dopo due mesi di dibattito monopolizzato dal PenelopeGate le candidature sono chiuse. Oltre alle cinque candidature maggiori, di cui ci siamo occupati nei mesi scorsi, sono anche candidati François Asselineau, Nicolas Dupont-Aignan, Jacques Cheminade, Nathalie Arthaud, Philippe Poutou e Jean Lassalle.
Se è vero che le candidature minori sono spesso poco interessanti sia politicamente che mediaticamente (e infatti molti giornalisti televisivi si lamentano, perché da oggi il tempo televisivo concesso ad ogni candidato dev’essere uguale), va fatto notare che le candidature dei “piccoli” possono portare nel dibattito pubblico temi interessanti e poco considerati dai candidati maggiori. Un esempio è l’ecologia, un tema poco trattato storicamente dai grandi partiti e oggi invece al centro di gran parte dei programmi elettorali. Chissà che anche stavolta non sarà così.
Come vedete da questo grafico, realizzato dall’Ipsos per il CEVIPOF e Le Monde, l’interesse per le presidenziali è molto alto. I francesi sono un popolo molto appassionato alla politica, come dimostrano le cifre dei talk show e le grandi riunioni pubbliche che riescono ad organizzare i candidati in tutta la Francia: il 94% degli intervistati si dice molto o mediamente interessato alle elezioni presidenziali.
Questo grafico indica invece quanti francesi pensano di andare a votare. Come vedete l’astensione potrebbe essere piuttosto alta (nel 2007 votò l’83% nel 2012 il 79,5%), cosa che non necessariamente contrasta con il grafico precedente ma segnala che l’offerta elettorale non soddisfa, al momento, i cittadini. Visti i precedenti dati sull’affluenza però le cose potrebbero cambiare notevolmente nelle prossime settimane.
Cosa dicono i sondaggi
Prendendo come riferimento sempre l’inchiesta dell’Ipsos, ci sono una serie di cose da notare. Marine Le Pen guida ancora una volta la graduatoria, ma ha uno scarto molto ridotto con Macron (è nel margine d’errore statistico, cioè la fisiologica possibilità che un sondaggio non sia accurato). La tendenza va avanti da quasi due settimane, nel senso che Macron ha avuto una crescita notevole nei sondaggi subito dopo il sostegno di François Bayrou, e poi si è stabilizzato intorno al 25% (in tutti i sondaggi è sempre un punto dietro Marine Le Pen, a prescindere dalla percentuale in sé).
François Fillon è invece fermo al 17,5%. La progressione registrata subito dopo la sua dimostrazione di forza al Trocadero (era salito sino al 19,5 proprio in una rilevazione Ipsos) probabilmente non era indicativa di un recupero vero e proprio, e il candidato gollista si trova sempre nello stesso vicolo cieco: ha mantenuto la parte più fedele del suo elettorato ma non riesce a convincere un numero sufficiente di persone meno entusiaste della sua candidatura. La sua forza, cioè la grandissima voglia di alternanza che anima gran parte dell’elettorato repubblicano, è anche la sua più grande debolezza: non c’è Hollande candidato di fronte a lui, e tutti gli altri avversari non sono facilmente riconducibili all’esperienza degli ultimi cinque anni. Marine Le Pen per ovvi motivi, Benoît Hamon ha votato contro moltissimi provvedimenti del governo ed è stato identificato come il leader della “fronda interna” al Partito Socialista, Emmanuel Macron ha fatto il ministro dell’economia, è vero, ma se n’è andato sbattendo la porta e ha fondato un suo movimento. Insomma è complicato giocare questa carta per vincere.
Infine, i due candidati di sinistra sono incredibilmente vicini. Anch’essi con un solo punto di distacco, e quindi nel margine d’errore, hanno organizzato due grandi eventi questo week end a Parigi. Mélenchon ha riempito sabato place de la Bastille per una “sesta repubblica”, la grande riforma delle istituzioni che propone in caso di sua elezione: fine del sistema presidenziale “monarchico”, proporzionale in Parlamento e maggiori strumenti di democrazia diretta o più partecipativa. Benoît Hamon ha invece tenuto un grande comizio al palazzetto dello sport di Bercy, cercando di mostrare che la sua campagna può ancora dire qualcosa. Il problema è che, come già avevamo analizzato la settimana scorsa, Hamon ha avuto molta difficoltà ad essere al centro del dibattito, cosa che invece gli era riuscita durante la campagna per le primarie.
Abbiamo parlato per mesi dell’elettorato volatile di Macron, ma Hamon è ormai l’ultimo candidato per sicurezza nella scelta, mentre il leader di En Marche comincia a cristallizzare il suo consenso. A un mese dal voto è un problema. Se il socialista dovesse essere superato da Mélenchon nei sondaggi si potrebbe verificare una fuga dei suoi elettori verso la proposta più massimalista del suo vero avversario, e a quel punto la sua posizione sarebbe tendenzialmente irrecuperabile. Infine, è arrivata la decisione definitiva di Manuel Valls, suo sfidante al secondo turno: l’ex primo ministro non sosterrà Benoît Hamon, nonostante l’impegno preso pubblicamente durante le primarie. Per adesso però non risulta che possa avvicinarsi ad Emmanuel Macron, anche perché la possibilità è stata smentita dallo stesso Valls.
A questo punto saranno importantissimi i dibattiti tv, che vedranno un confronto tra i primi cinque candidati maggiori e rischiano di essere decisivi, visto quanto sono vicini i vari candidati secondo i sondaggi. Il primo va in onda domani sera, quando i cinque principali candidati si affronteranno su TF1, la principale televisione francese. Per commentarlo insieme vi do appuntamento a martedì alle 18.30 per una diretta Facebook dal mio profilo.
3-Emmanuel Macron, una sua nuova proposta e un piccolo (per ora) guaio
Ieri mattina Emmanuel Macron ha presentato il suo punto di vista sulla politica estera e sulla difesa francese. Durante la conferenza stampa ha proposto una cosa nuova, ossia il servizio militare obbligatorio mensile per tutti. La ratio è aumentare la coesione nazionale e il senso di identità, oltre ad abituare i giovani ad una forma di disciplina e mettere a disposizione una riserva complementare per la guardia nazionale in caso di crisi.
La notizia di questa settimana è che la procura di Parigi ha aperto un’inchiesta preliminare per dei fatti risalenti a gennaio 2016, quando Macron era ministro dell’economia. Business France l’organismo del ministero che si occupa della promozione degli eventi, ha conferito l’organizzazione di un grande evento a Las Vegas alla società di comunicazione Havas senza gara d’appalto. Business France si è difesa dicendo che non c’erano i tempi per organizzare un’offerta pubblica, e si è rivolta ad Havas perché aveva bisogno di una società in grado organizzare in poco tempo un evento del genere. Il Canard Enchaîné, che ha raccontato per primo la storia, ha stimato il costo dell’evento in 380.000 euro, di cui più di 100.000 spesi per gli invitati.
Sebbene i giornali italiani abbiano titolato “Macron è indagato” l’inchiesta non riguarda in prima persona il leader di En Marche! ma, appunto, Business France e la societ Havas. E infatti non è stato un argomento al centro del dibattito degli ultimi giorni.
Infine Macron ha ricevuto importanti sostegni dalla Germania. Giovedì ha incontrato Angela Merkel a Berlino), mentre oggi al congresso della SPD Sigmar Gabriel ha esplicitamente detto che Schulz e Macron possono cambiare insieme l’Europa.
L’attentato (sventato) di Orly
Ieri mattina, all’aeroporto di Orly, un francese di 39 anni è stato abbattuto dalla polizia francese dopo aver provato a rubare un fucile d’assalto ad una militare. Il procuratore di Parigi, François Molins ha dichiarato che l’assalitore era pronto a “morire nel nome di Allah”, ed era conosciuto dalle forze dell’ordine e di intelligence come persona radicalizzata. È difficile dire un fatto del genere come potrà influire sulla campagna elettorale (probabilmente non in maniera decisiva, trattandosi di un attentato sventato), ma si può notare una nuova tipologia di attacchi.
Come nota Stefano Montefiori, corrispondente del Corriere da Parigi, è la seconda volta che un militare viene preso di mira dai terroristi. Una cosa del genere avviene da lungo tempo in Israele, sola altra democrazia ad essere in stato d’emergenza, dove spesso i militari sono vittime di attentati dei cosiddetti lupi solitari (essendo un bersaglio riconoscibile). Finora la Francia non aveva conosciuto episodi del genere con continuità; questo potrebbe rappresentare una nuova minaccia alla già difficile situazione di equilibrio del paese che, ricordo, è in stato d’emergenza dal novembre del 2015.
Il personaggio della settimana
Questa volta in negativo. Interrogato in radio Vincent Peillon, candidato alle primarie del Partito Socialista a gennaio, ha detto che Macron è il candidato dell’UMPS (un acronimo che mette insieme PS, partito socialista, e UMP, il partito post-gollista poi trasformatosi in Les Républicains), e che questo sia un fatto noto e certo così come lo sono le camere a gas. La mia reazione è stata quella che vedete in questa Gif.
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Consigli di lettura
-Una lunga critica dell’economista Thomas Porcher, che demolisce il programma di Macron in 20 tweet;
-Un resoconto della giornata di Mélenchon a place de la Bastille, scritto dal JDD;
-Come sarebbe la Francia se Marine Le Pen vincesse le elezioni il 7 maggio? Se lo chiede Mediapart in un lungo articolo;
–Un lungo ritratto di Bertrand Dutheil de la Rochère, lo “stalinista” di Marine Le Pen, secondo slate.fr.
Per oggi è tutto, a domenica prossima!
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