Presidenziali 2017

Présidentielle 2017, ottava settimana: no, Marine Le Pen non è la Donald Trump francese

Ottava settimana della newsletter sulle presidenziali francesi del 2017, domenica c’è il primo turno delle primarie del centro-destra. Se vuoi ricevere la newsletter sulla tua email puoi iscriverti cliccando qui

Parliamo un attimo di noi: domenica i repubblicani votano per il primo turno delle primarie quindi non serve a niente che io vi invii la newsletter. Avrete dunque il privilegio, a scapito della mia vita privata, di riceverne due: sabato faremo il punto della situazione e lunedì commenteremo i risultati.

Di cosa parliamo oggi?

1-Come potete immaginare la vittoria di Donald Trump è stato l’argomento più dibattuto in settimana: i politici hanno fatto dichiarazioni di rito, tutte rispettose del risultato elettorale, per quanto sorprese; i giornali si sono chiesti come e se uno shock del genere possa avere ripercussioni sulle elezioni del prossimo anno. Vi risparmio le varie reazioni, se vi interessano le trovate in questo video montato dal Figaro.

2-Sono usciti dei sondaggi interessanti sulle primarie dei repubblicani. La partita è apertissima

3-In settimana arriverà forse l’annuncio della candidatura di Emmanuel Macron. Ed è, in parte, un colpo di scena

1-No, Marine Le Pen non è la Donald Trump francese

Quindi dopo Trump dobbiamo aspettarci Marine Le Pen? La risposta non può essere netta, e colgo l’occasione per ricordare che i giornalisti non fanno gli aruspici, ma cercano di raccontare (chi meglio, chi peggio) ciò che vedono. Quindi se leggete previsioni sbilanciate in un senso o nell’altro prendetele per quello che sono: scommesse.

La vittoria di Marine Le Pen alle presidenziali del prossimo anno è molto difficile e Donald Trump non cambia l’assunto. Senza dubbio la tendenza storica è affascinante: prima Brexit, poi Donald Trump infine Marine Le Pen. Un cerchio che si chiude. La storia però non è lineare, né già scritta (e infatti chi immaginava Trump?), per cui prima di vedere movimenti mondiali inevitabili, analizzerei i contesti profondamente diversi in cui questi fenomeni si manifestano. Ne consegue che una sconfitta di Marine Le Pen non necessariamente scongiura un collasso dell’area euro e un arretramento della globalizzazione e allo stesso tempo un suo successo non sarebbe spiegabile solo come parte di una tendenza mondiale, e quindi ineluttabile, non riferita alla realtà francese.

Mi concentrerei su due aspetti fondamentali che, secondo me, allontanano molto i due fenomeni, che pure hanno innegabilmente dei tratti in comune.

A-Il sistema elettorale e politico

I sistemi dei due paesi sono radicalmente diversi: negli Stati Uniti vige un sistema maggioritario a turno unico (qui trovate una spiegazione, fatta bene) che favorisce due partiti principali. Trump si è inserito in questo contesto, ha vinto le primarie di uno dei due partiti principali, ne è diventato il leader e ha quindi giocato le sue carte da candidato tradizionale (contro le élites, certo, ma questo è un altro discorso). Il nuovo presidente americano non ha fondato un partito terzo con l’ambizione di prenderne il posto, ma ha avuto dalla sua uno dei principali e legittimi partiti americani. In Francia invece, il contesto prevede una moltitudine di partiti, e in un certo senso favorisce avventure personali: sono molti i candidati che partecipano al primo turno, perché gli elettori tendono a votare chi sentono più vicino alla propria sensibilità. Così i primi due partiti superano il 20% e generalmente tre/quattro si attestano tra il 10 e il 15.  Se nessuno dei candidati al primo turno raggiunge il  50% (cosa mai successa, sinora) i due più votati si affrontano al ballottaggio.

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I candidati al primo turno delle presidenziali del 2012

Il Front National è dunque da sempre (dagli anni ’70, come il Partito Socialista) presente alle elezioni presidenziali, ma non è mai stato competitivo per la vittoria finale. Il sistema è pensato proprio per evitare fenomeni come quello di Marine Le Pen. Basta guardare le ultime elezioni regionali: il partito ha schierato i migliori candidati possibili in tutta la Francia. Il primo turno sembrava la consacrazione definitiva: tutti i candidati più forti del Fronte erano in testa, addirittura Marine Le Pen e Marion Maréchal (la nipote, astro nascente del partito) con il 40%. Due settimane dopo però, Il FN ha perso tutti i ballottaggi, non riuscendo ad andare oltre i risultati del primo turno. Al momento della verità gli altri partiti si alleano e riescono a contenere i frontisti, evidentemente non capaci di allargare la propria base elettorale, fondamentale in un’elezione a due turni. Con ciò non voglio dire che alle elezioni presidenziali sarà così, anzi credo che questo continuo ostracismo possa portare ulteriori argomenti al Front National; di questo abbiamo parlato la settimana scorsa e ne parleremo nei prossimi mesi. Però al momento il comportamento degli elettori ci dice che il sistema elettorale non favorisce Marine Le Pen.

B-Donald Trump in Francia ha già perso

L’altro aspetto su cui vale la pena soffermarsi è quello del linguaggio. Il marchio di fabbrica di Donald Trump è stato presentarsi come il campione del politicamente scorretto: dire tutto e il contrario di tutto, prendere in giro un disabile, insultare i genitori di un marine morto in servizio perché musulmani, dire di poter avere qualunque donna in quanto personaggio famoso. Detto chiaramente: Donald Trump è un troglodita, e piaceva anche per questo, perché percepito come più vero, più sincero, meno costruito. Il magnate americano è il prodotto più puro della società post-fattuale descritta dall’Economist. Qui c’è una differenza nettissima con Marine Le Pen, che lavora da anni per rendere più accettabile l’immagine del partito.

La sua strategia, detta di dédiabolisation, si basa sull’assunto contrario: la pubblicità a mezzo di dichiarazioni scandalose è ciò che impedisce al Front National di arrivare al potere. Jean-Marie Le Pen, padre di Marine e fondatore del Front National, assomiglia moltissimo a Donald Trump. Per capirci, sostiene sostiene che “ i rom sono come degli uccelli, volano naturalmente” (in francese il verbo voler vuol dire sia volare appunto, che rubare), “Monsieur Ebola può risolvere il problema dell’immigrazione in tre mesi“  e ha dichiarato più volte alla stampa che le camere a gas siano un dettaglio della storia (l’ultima volta un mese fa). E infatti, subito dopo la vittoria di Trump sia lui che i suoi fedelissimi hanno subito fatto capire quanto (a loro modo di vedere) la strategia di Marine Le Pen sia perdente: le elezioni americane lo dimostrano.

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Dal canto loro invece, i sostenitori della leader frontista hanno chiarito alla stampa quanto ripulire il messaggio e eliminare le dichiarazioni fuori posto non sia solo una strategia ma proprio il modo di essere di Marine Le Pen. Funziona? Sì, ma non fino in fondo. Le regionali lo dimostrano e questo sondaggio secondo cui il 55% dei francesi considera l’europarlamentare “razzista” è piuttosto indicativo di quanto sia difficile allontanarsi da stereotipi formatisi in anni di atteggiamenti e dichiarazioni piuttosto spinte.

Per concludere: è vero che il sentimento anti-establishment esiste anche in Francia ma, come sa chi è iscritto a questa newsletter da un po’,  a seguito delle presidenza disastrosa di un “président normal”  i francesi vogliono che qualcuno di serio sia capace di prendere in mano le redini del paese. Lo dicono i sondaggi e lo si percepisce abbastanza. La chiave per l’Eliseo passa da qui, e Marine Le Pen ne è perfettamente consapevole: se, oltre a cavalcare la protesta riuscirà a presentarsi come un politico in grado di garantire l’ordine e di fare gli interessi del suo paese, può giocarsela davvero. In questo senso è interessante notare il continuo riferimento a Charles De Gaulle, non proprio un trumpista della prima ora; intervistata da Tf1 ha detto che per lei l’ex presidente è un modello “anche il generale era accusato di essere fascista o bolscevico, ma la Francia non è né di destra né di sinistra, è la Francia. Non credo di dovermi rivolgere in maniera diversa a un patriota di sinistra rispetto a un patriota di destra. Io parlo in nome del popolo francese”.

Insomma Donald Trump, così come la Brexit, sono coincidenze e fattori esterni molto utili alla retorica del Front National, ma non possono, da soli, rappresentare il punto di svolta di una rincorsa che appare, al momento, piena di ostacoli. Sono due, benvenuti, regali per Marine.

2-Giovedì c’è il terzo dibattito dei repubblicani e domenica il primo turno

Settimana scorsa avevo spiegato come Sarkozy potrebbe essere sottostimato nei sondaggi. Si era detto, infatti, che per i sondaggisti è particolarmente complicato essere precisi nelle previsioni delle intenzioni di voto alle primarie del centro-destra: è la prima volta che si tengono, sono aperte a tutti ed è quindi difficile prevedere in quanti andranno a votare. Il numero di partecipanti può fare un’enorme differenza, perché tra i simpatizzanti del partito Sarkozy è molto popolare, mentre in altri settori dell’elettorato è piuttosto respingente. Il sondaggio che segue è stato realizzato tra il 9 e l’11 novembre, e come potete notare il punteggio dell’ex presidente è sensibilmente diverso a seconda che si intervisti “l’insieme dei francesi” oppure “i simpatizzanti del partito Les Républicains”

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Questo sondaggio è riferito a tutti i francesi intervistati

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Questo sondaggio invece ai soli simpatizzanti della destra

La differenza per Alain Juppé e Nicolas Sarkozy è quindi notevole e la si nota ancor di più nelle rilevazioni che ipotizzano un secondo turno tra i due.

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Il sondaggio è effettuato sull’insieme dei francesi

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Questo sondaggio invece solo sui simpatizzanti del partito

A complicare ancora di più il quadro c’è, come avrete visto, una rimonta abbastanza robusta di François Fillon, che ha evidentemente capitalizzato le buone performance televisive nei dibattiti e nelle interviste in prima serata a cui ha partecipato; in più sta vendendo benissimo il suo libro (si parla di 80.000 copie) e riempie teatri senza difficoltà. Insomma, la sensazione è che i giochi siano aperti, per tutti e tre.

Sabato ne parleremo meglio.

3-Macron potrebbe anticipare l’annuncio della sua candidatura

L’ex ministro dell’economia continua a far parlare di sé, intervistato di nuovo dalla rivista L’Obs ha dettagliato il suo programma aggiungendo un altro tassello alla costruzione della sua candidatura. Alcuni giornalisti hanno fatto notare che potrebbe essere un segnale verso l’atteso annuncio: previsto per dicembre o gennaio, Macron potrebbe comunicare le sue intenzioni già questo mercoledì, un giorno prima del dibattito dei Repubblicani.

Perché? Inizialmente si pensava che Macron volesse attendere il risultato delle primarie, perché con Sarkozy avrebbe avuto più spazio, mentre con Alain Juppé, più centrista e unitario, lo spazio si sarebbe ridotto. Ma una delle forze della sua candidatura è stata la mancanza di riguardo a ciò che pensassero o facessero i suoi avversari politici: dichiararsi mercoledì aumenterebbe ancora di più il suo profilo autonomo. In più, costringerebbe i repubblicani a parlare di lui durante il dibattito di giovedì consentendogli una copertura mediatica gratuita e probabilmente molto proficua. D’altronde dopo le primarie della destra, l’attenzione su Macron si ridurrà inevitabilmente, il vincitore godrà di una grande attenzione e di una grande investitura popolare; la stampa comincerà a chiedersi con insistenza se il presidente Hollande sarà dei giochi o meno.

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Anche questo secondo elemento va considerato. Mentre finora la domanda che ci ponevamo era quanto spazio il fondatore di En Marche! potesse avere a sinistra in caso di candidatura di Hollande, adesso la questione, come nota Guillaume Tabard sul Figaro, potrebbe ribaltarsi: Hollande si candiderà ora che il suo ex ministro è in campo? A ciò si aggiunga un’ultima considerazione: perché le interviste più approfondite vengono rilasciate al settimanale L’Obs? Possiamo immaginare che Macron sia molto amico del direttore, Matthieu Croissandeau, ma con ogni probabilità la risposta è che, tradizionalmente, L’Obs è il settimanale di sinistra più letto del paese, segno di quanto Macron abbia ben presente la parte dell’elettorato a cui vuole rivolgersi.

Oggi è passato un anno dall’attentato al Bataclan e ai ristoranti del X e XI arrondissement. Ho pensato a lungo su come scrivere qualcosa che non suonasse retorico. Quindi dirò solo che ero lì, in una casa a 50 metri dal Petit Cambodge, uno dei ristoranti attaccati dagli assassini, e che ricorderò sempre lo sgomento e poi la grandissima paura. Aver visto così da vicino una cosa del genere è uno dei motivi che mi ha spinto a raccontare quello che sta succedendo in Francia, perché mi riguarda, perché ci riguarda.

Per oggi è tutto, ci sentiamo, eccezionalmente, sabato prossimo!

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3 risposte a "Présidentielle 2017, ottava settimana: no, Marine Le Pen non è la Donald Trump francese"

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